AGNUS DEI (fenomenologia di laura boldrini)

laura boldrini è tre cose, o meglio tre persone uguali e distinte: una donna, una vestale e una papessa; a me personalmente sta simpatica, al contrario di quasi tutto il ceto politico italiano, ma non posso negare che quando si mette a fare la santissima trinità (di donna, vestale e papessa) il risultato può essere piuttosto buffo, nel senso dei mulini a vento le cui pale girano tanto per girare;

la lamentazione di questa simpatica geremia sugli agnelli pasquali è un caso da antologia; rivela l’intreccio fra la legittima sensibilità della donna, la comica investitura della vestale e l’illegittima autorità della papessa e quindi consiglia un richiamo alla misura, cioè: “lauredda, ista in termines tuos”;

come che sia, la lamentazione è per sua natura un’espressione che si rivolge ai cuori, e questo non è affatto male in un mondo senza cuore; il fatto è che il cuore non prende a cuore l’intero, ma prende a cuore solo quella parte che al momento dato lo colpisce di più: per questo si dice che il cuore non sente ciò che l’occhio non vede: quindi il carattere truffaldino della lamentazione di laura non sta nell’appello ai cuori rispetto all’uccisione sacrale degli agnelli, ma sta nell’annebbiamento dello sguardo rispetto all’uccisione mercificata della natura;

questo errore, cioè questa palpitazione del cuore in conseguenza dello strabismo dell’occhio, è proprio sia della psiche individuale sia della fabbricazione del consenso: è per questo che una bomba a parigi vale dieci volte una bomba a bagdad, o una vittima militare israeliana vale cento vittime civili palestinesi, o un furto di biscotti all’ipermarket vale più della truffa di una banca, o l’ingresso simbolico di un pacifista nel recinto di capo frasca vale più della fabbricazione di bombe a domusnovas;

gli esempi sono notoriamente infiniti, ma restiamo ora agli agnelli; ci sono certamente ragioni etiche profonde per evitare l’uccisione gratuita degli animali, in particolare quelli coi quali sentiamo una intima contiguità, e ci sono eventualmente buone ragioni per modificare il proprio rapporto spirituale col cibo; e tuttavia persistono ragioni archetipe altrettanto profonde, deputate da millenni di storia a codificare eticamente il rapporto vitale tra gli uomini e gli animali, ragioni che se possono venir meno nei comportamenti individuali non devono essere additate al ludibrio in quanto comportamenti sociali;

gli agnelli sono titolari di una storia assolutamente particolare: la storia della loro utilizzazione alimentare, necessitata fin dal neolitico, si intreccia con la storia della loro simbologia sacrificale, nata in seno alle popolazioni pastorali nomadi nella fase dell’espansione schiavistica degli imperi mesopotamici; l’archetipo del sacrificio degli agnelli nasce quando la tribù di abramo si ribella alla tradizione sumerica dei sacrifici umani; quando abramo si ribella alla figura del re-dio chiama il suo popolo alla distruzione degli idoli del tempio, si appella all’unicità di un dio che sta sopra ogni uomo e inaugura il carattere sacrificale dell’agnello: “l’agnello di dio” è il segno del patto tra il nomadismo della terra e il carattere misericordioso dell’unico dio che sta in cielo; questa fede si rafforza nella fuga dalla schiavitù dell’egitto, nella liberazione dalla schiavitù babilonese e infine nella pasqua degli agnelli di gerusalemme, quando gesù di nazareth manifestò se stesso come “l’agnello di dio”;

è assolutamente legittimo osservare che nessuno ha chiesto agli agnelli cosa ne pensano del loro crudele ruolo nella commedia, e che sarebbe finalmente ora di cambiare copione; ma si dà il caso che dietro l’apparenza festaiola questa non è affatto una commedia carica di simboli anacronistici e disumani, ma è la memoria profonda della civiltà come tragedia e come anelito alla resurrezione;

mio padre non è mai stato presidente della camera e mia madre non è mai stata papessa: erano solo una famiglia di pastori, e l’uccisione degli agnelli che consentiva per tutta la primavera la mungitura del latte ha dato da vivere a me e ai miei fratelli senza la costrizione a diventare servi o a rubare; abbiamo persino studiato e crediamo di essere in grado di discutere con laura boldrini o con chicchessia con pari dignità e reciproco rispetto: siamo sempre stati consapevoli che tutto questo lo dobbiamo agli agnelli e al lavoro umano; è per questo che il pastore, quando lega l’animale per l’uccisione, lo segna prima con una croce sul collo per averne perdono e per rendere ringraziamento;

non è risolutivo di niente tutto questo, ma insegna che nell’intima connessione di ogni vita è il rispetto il segno dell’umanità, persino quando si uccide tra uomo e uomo; questo impone di riflettere su come sia concreta oggi la realtà della schiavitù eretta a sistema globale, e quanto sia manifesta, dietro la destinazione festiva dell’uccisione degli agnelli, la pratica feriale dei sacrifici umani.

Gian Luigi Deiana

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