CLIL : storia e normativa

clilCLIL : storia

Il CLIL (Content and Language Integrated Learning) consiste nello studio di una disciplina scolastica di largo uso (per es. la geografia o la storia) in una lingua diversa dalla lingua madre, con
la condizione che ciò avvenga preferibilmente in età infantile e all’interno  di un progetto strutturato.  Sperimentato in Quebec negli anni sessanta per favorire la conoscenza della lingua francese da parte della popolazione anglofona, minoritaria in Quebec ma maggioritaria in Canada, e quindi per favorire la parificazione linguistica in una nazione bilingue, tale pratica  fu successivamente adottata in contesti analoghi, cioè in aree caratterizzate dalla presenza di forti minoranze linguistiche  (prima negli USA, successivamente in  Australia e in Europa) “con l’intento di favorire la conoscenza della lingua e della cultura della minoranza da parte degli studenti
parlanti la lingua di maggioranza nazionale”.  Le esperienze più significative in Europa riguardano i Paesi Baschi, l’Alsazia, l’Alto Adige, il Galles ecc.; un approccio contraddittorio, talvolta ghettizzante o più spesso semplicemente assente continua invece a caratterizzare le scelte del governo italiano, sia a riguardo delle lingue di confine (in particolare lo sloveno) sia a riguardo delle lingue minori storiche (ad esempio il sardo). A rigore osserveremmo in Italia lo spirito del metodo CLIL, ad esempio, se nella scuola elementare o nella scuola media in Sardegna si proponesse in sardo lo studio della geografia o se nella Venezia Giulia si proponesse in sloveno lo studio della storia; oppure se la lingua veicolare prescelta per l’immersione fosse per esempio il francese, a tutela di una sorellanza linguistica altrimenti destinata a una dipartita ormai segnata; non si rispetta affatto, invece, lo spirito CLIL, se il metodo viene usato per accelerare il dominio integrale dell’universo linguistico (per di più in assenza di contesto progettuale integrato e nell’artificio immersivo di una età di apprendimento non più infantile) da parte dello standard di lingua inglese che si appresta a conquistare il monopolio comunicativo mondiale (non avrai altra lingua all’infuori di me).

CLIL in Italia (ovvero : l’ anti-clil)

E’ necessario considerare che storicamente l’esperienza CLIL praticata in Quebec e poi in altri paesi è sempre nata dal basso: è scaturita infatti dalla proposta di associazioni di genitori, è stata poi sposata da gruppi sempre più estesi di insegnanti, ed infine è stata recepita in sede istituzionale. Di qui è diventata una pedagogia, dotata di finalità, di metodi e di progetti. Nella sua condizione ottimale quindi la pratica CLIL nasce come istanza democratica, cioè dalla sensibilità civile per la tutela dei patrimoni linguistici; è coltivata nell’età infantile perseguendo una progressione lenta e continua in termini di curricolo; impegna in generale la lingua maggioritaria a condividere con la lingua minoritaria una parte dei contenuti disciplinari.
Sulla base di queste considerazioni siamo obbligati a riconoscere che invece  l’inserimento artificioso della pratica CLIL nella scuola italiana agisce in tutti i sensi in modo diametralmente opposto: scaturisce dall’istituzione come imposizione ministeriale, con la finalità di accelerare il monopolio linguistico dominante; riduce la lingua di monopolio alla sua utilità comunicativa standard deprivandola fortemente della sua anima storica, della sua espressività letteraria e della sua profondità culturale; fa piazza pulita del concetto stesso di dignità delle lingue e di democrazia linguistica come diritto civile e come obbligo della scuola; dissemina il suo comando con la cooptazione di dirigenti e docenti “volontari” aggirando le condizioni di costruzione dei piani formativi da parte dei collegi dei docenti; ed esordisce imponendone l’obbligo “nell’ultimo anno di liceo” e quindi nell’esame di stato senza avere costruito praticamente nulla alla sua base. Come si vede, si tratta di un completo ossimoro del CLIL storico, cioè del furto di una pratica
pedagogica democratica da parte di quella che allo stato attuale opera come una vera e propria contropedagogia di regime. Che questo sia fatto contingentemente come rimedio estremo sul ritardo italiano nella conoscenza della lingua inglese è falso, ed è falso in tutte le lingue; il ritardo italiano nella conoscenza della lingua inglese può essere curato soltanto con l’introduzione “reale” e strutturata della lingua inglese nella scuola elementare, approntando una dotazione organica certa e affidabile nel tempo, che è esattamente ciò che la legge esclude di fare..
Ma c’è di peggio: poiché i presupposti concreti che il ministero aveva ipotizzato per la realizzazione di questa operazione (ovvero la certificazione di un minimo numero di docenti certificati ad hoc) sono stati clamorosamente mancati, ora si è tentati di ripiegare su un assolvimento puramente fittizio, con il ricorso a trucchi e sotterfugi offensivi per la scuola, per chi la dirige, per chi vi opera, e in ultimo per gli studenti dell’ultimo anno di corso costretti a far proprio questo insensato e stupido capriccio del vertice politico e burocratico che governa oggi la scuola.

CLIL: normativa

La normativa CLIL in via di applicazione in Italia è in realtà una normativa fantasma; procedendo cronologicamente a ritroso, essa trova come riferimento fondamentale la Nota Miur 4969 del 25 luglio 2014 (avvio dell’insegnamento delle discipline non linguistiche ); si tratta di una tipica nota “balneare”che arriva ai protocolli delle scuole in quello che per tutto il personale è il primo giorno di vacanza e quando praticamente gli uffici sono chiusi; per valutarne la portata dobbiamo chiederci in primo luogo cosa sarebbe successo nel sistema scuola se tale nota non fosse mai stata diramata: per quello che ne sappiamo, la stragrande maggioranza delle scuole avrebbe “ragionevolmente” ignorato le previsioni CLIL delineate nel dispositivo specifico, cioè il DM 30 settembre 2011 (formazione docenti CLIL), il quale rimanda al DPR 89/2010 (revisione dell’assetto ordinamentale dei Licei) in quanto tali previsioni sono risultate sbagliate e quindi oggi fattualmente impraticabili in termini di sistema; a titolo di esempio, il liceo scientifico Mariano IV di Oristano nel quale io lavoro ha preso in considerazione in Collegio dei docenti la questione CLIL soltanto il 16 dicembre 2014, ma il pasticcio riguarda gran parte dei licei italiani.
Dunque la questione è stata resa presente oggi non nella forma evanescente prevista dalla legge (DPR 89/2010) ma nella forma surrettizia prevista dalla Nota (4969/2014)
Il DPR 89/2010 tratta le questione dell’insegnamento in lingua straniera di una Disciplina Non Linguistica (sic!) senza fare menzione della pratica CLIL: a parte la stupidità concettuale della categorizzazione DNL (disciplina non linguistica, che concettualmente vale come Disciplina Non Ferroviaria o come Disciplina Non Religiosa o come Disciplina Non Erotica ecc.), il DPR 89 riporta all’art. 10 commi 5, 6 e 7 tre generiche dichiarazioni di intenti:

•    attivazione nel quinto anno dei licei dell’insegnamento in lingua straniera di una materia non linguistica nei limiti degli organici disponibili (comma 5),
•    indicazioni per l’insegnamento e per la formazione dei relativi docenti (comma 6),
•     introduzione della disciplina “Cittadinanza e Costituzione” (comma 7).

IL DPR non dice altro, e infatti la fine che ha fatto la disciplina “Cittadinanza e Costituzione”, a titolo di esempio, è illuminante in proposito su tutta la semplicioneria e la superficialità di quel decreto.
L’opzione sull’ipotesi CLIL interviene soltanto nel Decreto Ministeriale del 30 settembre 2011 relativo alla formazione dei docenti, che oggi sappiamo essere in alto mare, ma non chiarisce niente sulla questione. Ecco dunque la Nota, la celebre nota del 25 luglio; le note servirebbero per definizione a “notare” ovvero a chiarire, ma questa nota non chiarisce alcunché: semplicemente consiglia, ovvero consiglia di arrangiarsi.
Poiché la previsione formulata nella legge è andata buca, la Nota elenca tutto quello che si potrebbe eventualmente fare per mettere una toppa alla buca. Ma una Nota non può fare legge, ed infatti la
formulazione non richiama mai l’obbligo, bensì “indica”, “offre”, “auspica” e soprattutto “suggerisce”. Il modo verbale utilizzato nel testo non è praticamente mai la coppia normativa indicativo-imperativo, ma la coppia magica congiuntivo-condizionale; la voce verbale privilegiata non è mai “si deve”, ma “si può” o meglio ancora “si potrebbe”. A titolo di esempio conclusivo riporto alla lettera le indicazioni sullo svolgimento CLIL della prova orale nell’esame di stato: assunto che la scuola “potrebbe” sopperire all’assenza di una pratica CLIL qualora confezionasse un progettino interdisciplinare ad hoc concordato in consiglio di classe su base volontaria, “per la disciplina non linguistica, il cui insegnamento sia stato effettuato con la metodologia CLIL, il colloquio potrà accertare anche in lingua straniera le competenze
disciplinari acquisite, qualora il relativo docente venga a far parte della Commissione di esame in qualità di membro interno”.
Chi ha idea del gioco di dadi che governa la formazione delle commissioni può facilmente farsi un’idea di cosa significhi una tale successione di condizionalità nella fissazione delle regole di uniformità dell’esame.
Per completare il quadro relativo ai riferimenti normativi si usa ritornare alla Legge 133/2008  (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività e la stabilizzazione della finanza pubblica) anch’essa balneare essendo stata approvata il 6 agosto e la cui lettura richiama  un vero e proprio “viaggio allucinante” di cinematografica memoria. La questione che ci riguarda è riportata al Capo II (Contenimento della spesa nel pubblico impiego) art. 64 (Disposizioni in materia di organizzazione scolastica). Anche qui, a titolo di esempio sui modi di fare le leggi, osservo che l’articolo precedente il 64 dedicato all’organizzazione
scolastica è l’art. 63 dedicato alla riforma del cinque per mille, mentre il successivo è l’art. 65 dedicato all’organizzazione delle forze armate; il mare magnum dell’intera legge è può essere ragionevolmente intitolato al dio disordine, padre di tutti i mostri (e quindi anche del mostro CLIL).

RIFERIMENTI NORMATIVI:

•    Legge 133/2008, art. 64 (Organizzazione scolastica);
•    DPR 89/2010, art. 10 (Attività educative e didattiche);
•    DM 30 settembre 2011 (Formazione docenti CLIL);
•    Nota Miur 4969 25 luglio 2014 (Indicazioni di avvio CLIL in ordinamento).

per i Cobas Sardegna

Gianluigi Deiana

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