ERDOGAN HA PERSO (il crocevia di un mondo in fiamme) di Gian Luigi Deiana

ERDOGAN HA PERSO
(il crocevia di un mondo in fiamme)

Santiago brucia; Baghdad brucia; Beirut brucia; Barcellona brucia; brucia l’Amazzonia e brucia anche la California, in senso più letterale.

Ma il fumo che si alza verso il cielo da tutto questo bruciare è niente rispetto ai fumi d’artificio che si alzano dal dosaggio di enfasi e silenziamenti, politici e mediatici: per i quali a Barcellona vige lo stato di diritto, mentre ad Hong Kong vige la repressione.

Regola fissa numero uno: l’ordine capitalistico non è la causa, ma la soluzione; in questa cavalcata eroica nella stupidità (Europa buona-Cina cattiva, Trump ragionevole-Putin profittatore ecc.) le chiome al vento dell’Amazzone della RAI Giovanna Botteri e del presidente del parlamento europeo David Sassoli, tanto per fare due esempi, ondeggiano in assoluta sincronia: il punto chiave definitivamente concordato, del resto, è che fascismo e comunismo sono stati la stessa cosa, e dunque si parte da qui: non avrai altro Dio all’infuori di me.

Ma il centro di tutto questo orrido gioco della crisi mondializzata resta ancora la piccola regione kurdo-siriana del Rojava, una specie di pianura padana di sabbia e macerie con il fiume Eufrate in mezzo: il Rojava della evacuazione americana accompagnata da lanci di patate e disprezzo, e della invasione dell’esercito Turco accompagnata da bombardamenti aerei, napalm e tagliagole sunniti.

Il Rojava in cui le milizie popolari curde hanno sconfitto l’Isis, e in cui ora i fratellini e sorelline dell’Isis sono rientrati come truppe regolari dell’esercito turco.

Doveva essere un’operazione lampo con un esito già scritto: Erdogan avrebbe occupato il territorio kurdo-siriano sulla linea di confine per una profondità di trenta chilometri e una lunghezza di quattrocento.

La condizione apparente sarebbe dovuta consistere nell’arretramento delle milizie kurde, ma la condizione reale doveva essere l’espulsione in massa di tutta la popolazione autoctona kurda ivi residente da sempre: si chiama “pulizia etnica”.

Il pretesto per questa operazione, o il ricatto, sta nel fatto che la Turchia tiene in ostaggio tre milioni di profughi siriani, per trapiantare i quali esige lo svuotamento del Rojava o, in alternativa, il rompete le dighe verso l’Europa.

Ma i conti non tornano sulla carta geografica: l’opinione pubblica mondiale è schifata dalla condotta americana e condanna senza appello l’invasione turca in Siria.

Se si può prospettare per i kurdi un arretramento ordinato, tuttavia le masse di profughi siriani in Turchia sono ostili a un trapianto etnico su una regione per loro sconosciuta, che è oggi la più bombardata e incrudelita del mondo: e Putin dà ad Erdogan soltanto una prerogativa di pattugliamento congiunto su una profondità di dieci chilometri.

E dunque?

Dunque Erdogan è tornato dall’incontro in Russia inneggiando al risultato del vertice, descritto come “la fine del terrorismo” ovvero la fine del Kurdistan.

Ma si trattava soltanto di un proclama di copertura, a fini di propaganda interna:
ERDOGAN HA PERSO.

Erdogan ha perso in quanto si ritrova sul confine l’esercito regolare siriano invece che le milizie kurde, e una situazione relativa ai profughi molto più esplosiva di prima.

Questo spiega il ritorno inevitabile del ritornello: se l’Unione Europea non si schiera apertamente a favore della Turchia la bomba umana rappresentata da tre milioni di profughi siriani verrà dirottata da questa parte.

Ora, poichè questo risultato era in partenza quello maggiormente prevedibile, si può leggere con maggiore attenzione la condotta sia russa che soprattutto americana: l’intera vicenda della guerra di Siria è stata un errore cinico e cieco, e la guerra di Erdogan che ne costituisce l’ultima pezza è stata scientemente concordata per mettere l’Unione Europea sulla graticola della nuova crisi dell’economia mondiale: Santiago, Beirut, Baghdad ne sono i primi fuochi; e Barcellona, la piccola innocua Barcellona, è la prova più spettacolare della stupidità politica che oggi narcotizza l’europa intera.

Erdogan ha perso, ma noi siamo in coma.

 

Gian Luigi Deiana

 

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