L’ALTARE dell’ARCOBALENO la bandiera del gay pride nel duomo di Reykjavik – dall’Islanda Gian Luigi Deiana

L’ALTARE dell’ARCOBALENO

la bandiera del gay pride nel duomo di Reykjavik

 

Reykjavik ospita i due terzi della piccola popolazione dell’islanda, e il centro di Reykjavik è dominato dal grande piazzale di una collina in cui sono situati, di fronte alla baia, il duomo, la statua di Eric il rosso e la bandiera nazionale: si tratta dei simboli identitari ritenuti irrinunciabili, cioè la sacralità, la storia e l’indipendenza.

Io credo di nutrire un misurato rispetto per questo genere di valori collettivi e pur privo di devozione non esito a cercare, in particolare nei luoghi di preghiera, lo spirito del luogo e la sua speranza, quello che Carlo Marx chiamava “il sospiro della creatura oppressa”.

È per questa ragione che siamo passati lassù, nei luoghi della devozione, per un augurio di tornare di nuovo; finalmente il sole splendeva senza nubi, il mare davanti brillava nello splendore della mattina , e la piazza ospitava l’andirivieni della solennità e dei curiosi.

Siamo entrati in chiesa come si fa, dandoci il contegno consueto alle cose serie, ma questa volta ce ne siamo trovati improvvisamente spogliati: l’ingresso era presidiato da un banco dal quale alcune sorridenti ragazze del gay pride davano il benvenuto ai fedeli e là davanti l’ampia scalinata dell’altare era coperta dal grande drappo dell’arcobaleno.

Allora ci siamo spiegati il perchè di quella nuova bandiera là fuori, innalzata tra la statua di Eric e la bandiera della nazione con tutti i colori al vento.

Il gay pride di Reyjavik, che prevedeva la sua conclusione appunto questo grande sabato di agosto con un grande corteo verso la chiesa e il concerto d’organo serale della fuga di Bach, ha avuto la durata di un’intera settimana, rivestendo le vie, i negozi e i luoghi pubblici in genere; non si è trattato di una concessione di una maggioranza nei confronti di una minoranza, ma di una festa generale della liberazione: qui sta la serietà di cui non siamo ancora capaci quaggiù in questa europa illuminata e stupida: LA FINE DELL’ APARTHEID.

Se si ritiene desiderabile che Dio, o la morale, o il diritto, siano uguali per tutti, deve almeno essere desiderabile che ciascuno sia uguale anche di fronte a Dio, al costume generale, ai luoghi educativi e di vita comune, oltre che di fronte alla nazione e al grande oceano di Eric il navigatore.

 

 

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