La “buona scuola” e le sue storture – di Claudia Atzori

Anche se siamo una categoria oramai disprezzata dai più perché non lavoriamo per tre mesi all’anno (falso) e comunque abbiamo lo stipendio fisso, vi invito sinceramente a leggere questo documento per avere un’idea del caos che regna al momento nella scuola pubblica, la cui salvaguardia, non mi stancherò mai di ripeterlo, non risponde tanto agli interessi privati dei professori, quanto al dovere di preservare un bene pubblico e primario per tutti. Vi chiedo quindi, se siete d’accordo nel contenuto di quanto abbiamo scritto, di far circolare quanto più possibile il documento. Anche chi è poco esperto di scuola può trarne beneficio, per capire qual è il modus operandi  di chi ci governa.

1. Il problema originario e la sua soluzione creativa.
All’origine dei problemi che stanno creando il caos nella scuola pubblica, nella vita di molti docenti e del personale amministrativo, sta il fatto di aver approvato la Legge 107 del 2015 (La buona scuola) primariamente per fini politici. L’errore fondamentale è stato quello di aver costruito un piano assunzionale creando posti fittizi, in base alle domande di assunzione prodotte dai docenti, senza aver calcolato preventivamente le effettive disponibilità delle scuole. A partire da questa scelta, è stata elaborata una procedura di assunzione farraginosa e iniqua, che sta portando una condizione originaria di ingiustizia ad avere un effetto domino che pare oramai incontrollabile.
Tutto è iniziato sotto la spada di Damocle della Corte Europea, che ha di fatto imposto l’assunzione dei precari storici con almeno tre anni di servizio.
La legge 107/2015 ha poi introdotto una novità assoluta: tutti i neo-immessi in ruolo con il piano straordinario di reclutamento non avranno più una titolarità di sede, ma saranno assegnati periodicamente a determinati ambiti territoriali e saranno assunti dai dirigenti scolastici, sulla base di criteri in via di definizione in questi giorni. In pratica saranno docenti di serie b, rispetto ai docenti “anziani” immessi in ruolo prima del piano di reclutamento o nelle prime fasi, chiamate 0 e A) del piano di assunzione. Il primo elemento da sottolineare è che si è creata una innovazione con una discriminazione assoluta.
A partire dalla cancellazione della titolarità di sede, la legge ha, in secondo luogo, previsto di condizionare l’assunzione all’accettazione di una qualsiasi sede sul territorio nazionale: una condizione che appare punitiva, se si pensa che almeno la metà dei precari storici è costituita da persone ultraquarantenni, e molti ultracinquantenni, con legami familiari e sociali ben radicati, e soprattutto se si considera che un trasferimento è comunque oneroso dal punto di vista economico, visto il  guadagno piuttosto modesto dato dal lavoro di insegnante.
Il piano assunzionale ha quindi “costretto” i docenti a fare domanda di assunzione poiché il messaggio, nemmeno troppo velato, da parte del governo, dipingeva un futuro di assoluta incertezza per chi fosse rimasto nelle graduatorie ad esaurimento (Gae) e non avesse prodotto domanda di assunzione. Così si è venuta a creare una situazione paradossale per cui i docenti inseriti nei posti più favorevoli in graduatoria, e che con le supplenze annuali riuscivano a lavorare da anni nella propria provincia, si sono visti attribuire, dal sistema informatico del Ministero, una sede spesso lontano da casa, mentre quelli indietro in graduatoria, non trovando posto da altre parti, sono stati nominati, seppur momentaneamente, nella propria provincia: il primo famoso temuto esodo di massa dell’estate scorsa è stato solo temporaneamente e solo parzialmente bloccato dal meccanismo del differimento (ideato in itinere solo per tamponare la palese ingiustizia subita dai docenti con maggior punteggio costretti a partire) secondo cui chi aveva già accettato una supplenza nella propria provincia a settembre 2015 ha potuto differire al primo luglio o primo settembre 2016 la presa di servizio nella scuola assegnata nell’ambito dell’intero territorio.

2. La fase c) e l’introduzione di un nuovo criterio: svuotare le graduatorie
Nella cosiddetta fase c) del piano di assunzioni, il criterio per il quale è stato creato il piano di reclutamento straordinario è stato quello di svuotare le graduatorie. Questo nuovo criterio ha fatto sì che siano state immesse/i in ruolo non solo docenti con una ragguardevole anzianità di servizio, ma anche persone che avevano acquisito l’abilitazione all’insegnamento ed erano quindi inserite all’interno delle Gae, pur non avendo mai insegnato.
Quello che è successo in questa seconda fase è che, per assumere i nuovi docenti e fare propaganda politica (assumendo anche chi non aveva ancora diritto a rivendicare un posto di lavoro come docente) si sono creati posti fittizi, chiamati eufemisticamente “posti di organico di potenziamento”, preposti, purtroppo spesso solo sulla carta, a migliorare il piano dell’offerta formativa delle scuole. I posti disponibili sono stati creati in base alle domande prodotte: in provincia di Cagliari, a novembre, sono stati dati dagli uffici scolastici 21 posti semplicemente perché 21 erano le domande prodotte dai docenti che hanno deciso di partecipare al piano  straordinario di assunzione.
Formalmente si è chiesto alle scuole di indicare quali docenti sarebbero stati utili per potenziare tale offerta formativa, ma poi gli Uffici scolastici, su indicazione del Ministero, hanno badato unicamente a svuotare le graduatorie, senza tenere in considerazione le necessità degli organici, né le richieste delle scuole.
Una follia amministrativa per cui si sono mandati nelle scuole docenti di materie che non erano neppure previste in quel corso di studi. Alle scuole è stato chiesto di stilare un elenco delle materie che avrebbero voluto potenziare per migliorare il piano dell’offerta formativa; tuttavia, a queste scuole non sono stati assegnati primariamente gli insegnanti delle materie richieste, ma docenti soprannumerari di altre materie. Ad esempio, alcuni licei hanno chiesto il potenziamento della Filosofia e della storia e hanno avuto insegnanti di lettere perché c’erano soprannumerari di lettere da sistemare. Il miglioramento della didattica non ha evidentemente contato. Quindi noi oggi abbiamo scuole che, su richiesta del ministero, hanno scelto e indicato di potenziare alcune materie, non hanno tuttavia visto soddisfare le proprie richieste e molti di quei docenti di cui avrebbero bisogno sono sovrannumerari nazionali che non si sa che fine faranno.
Questa procedura ha creato quindi due effetti paradossali. In primo luogo ha creato una situazione abnorme nel rapporto tra docenti assunti e posti in organico: si pensi a Discipline giuridiche ed economiche (A019), dove c’erano già, prima delle immissioni in ruolo 32 docenti soprannumerari, ossia privi di posto in Sardegna. Sono stati immessi in ruolo altri 39 docenti, portando così l’esubero a 71 docenti, a fronte di 83 docenti titolari di cattedra: in sintesi a novembre c’erano 154 docenti per 83 posti. Appare impossibile pensare ad un piano razionale di utilizzazione di questi docenti. Molti dovranno essere impiegati o in supplenze o in altri compiti.
Dall’altra, l’utilizzazione dei docenti di cui non c’era bisogno, è stata molto problematica, e ha fatto irritare gli stessi dirigenti, che hanno dovuto comunque provvedere ad affidare loro compiti dotati di senso, con lo spirito di chi in casa propria chiamasse un falegname per rifare porte e finestre e si vedesse arrivare un meccanico di automobili, senza possedere la macchina.

3. Le ulteriori distorsioni e le incoerenze: le trasformazioni dell’organico in corso d’opera.
A queste prime distorsioni se ne è aggiunta una terza, di cui ora rischiamo di vedere gli effetti più gravi: ci si è accorti, in itinere, che prima di dare un posto ai neo-immessi in ruolo con la mobilità straordinaria (mobilità obbligatoria per tutti i neo-immessi e quest’anno chiamata straordinaria per il coinvolgimento di tutte le categorie di docenti), si doveva dare una titolarità ai docenti soprannumerari da anni, che nella sola Sardegna erano 506 nelle scuole superiori (irrisorio il numero negli altri gradi di istruzione). Il ministero, cioè, una volta creati i posti fittizi non li ha bloccati per i neo-immessi ma li ha usati per sistemare i docenti delle graduatorie più affollate.
Così all’atto della determinazione dell’organico in alcune provincie come Cagliari, ma non altre (Nuoro e Oristano) una buona parte dei posti di organico di potenziamento autorizzati a novembre per le immissioni in ruolo è stata ceduta alle classi di concorso in esubero, in modo da poter sistemare i docenti soprannumerari. Operazione non prevista dalla Legge 107/2015 (La Buona scuola), fatta in fretta e con discriminazioni non comprensibili: si sono sistemati i docenti in esubero di Discipline giuridiche ed economiche (A019), di Economia aziendale (A017), di Italiano e Latino (A051), ma non gli insegnanti tecnico pratici di laboratorio, così essenziali nei corsi professionali e nei tecnici industriali (mandati in esubero dai tagli operati con il riordino Gelmini). Questo modo di procedere è apparso improntato a criteri poco chiari e soprattutto non univoci.
Nella pratica, tutti i posti di potenziamento, inizialmente creati ad hoc per le immissioni in ruolo, sono stati resi disponibili nella mobilità straordinaria: cioè tutti i docenti, anche a quelli già di ruolo da tempo e non solo ai neoassunti, hanno potuto aspirare ad ottenere quei posti. Il risultato è stato che i posti di potenziamento creati per le immissioni in ruolo sono stati presi da altri colleghi più anziani: tanti colleghi di ruolo, da anni immobilizzati per mancanza di posti su cui spostarsi, hanno legittimamente colto l’occasione per trasferirsi di cattedra (da sostegno a materia, da una disciplina ad un’altra, da un grado di scuola all’altro) andando a coprire parte di quei posti che, senza nessun criterio serio, erano stati assegnati a novembre dagli USP (uffici scolastici provinciali) per i docenti neoassunti. E altri posti saranno presi tra breve, con la mobilità interprovinciale, perché tanti colleghi nominati fuori provincia, faranno domanda per rientrare a casa.
Stando all’esempio della classe di concorso A037, Filosofia e storia, dopo la mobilità dei docenti di ruolo, cioè dopo i vari trasferimenti comunali e provinciali (ma prima dei trasferimenti interprovinciali), dei 21 posti creati ad hoc a novembre per la provincia di Cagliari, ne sono rimasti 8: alcuni sono stati coperti dalla mobilità dei docenti di ruolo e altri assegnati ad altre classi di concorso in esubero, perché questa infatti era la priorità stabilita dal ministero. In realtà le stesse indicazioni ministeriali, affidate a informali slide di power point non erano chiare e univoche, se è vero che i diversi Uffici scolastici provinciali hanno operato in modo assolutamente contrastante: A Nuoro e Oristano la distribuzione autorizzata a novembre non è stata praticamente modificata.
Si è creato così un altro paradosso: sono stati sistemati i vecchi soprannumerari storici ma ne sono stati creati altri, i neo-assunti; in Sardegna ci saranno minimo 20 docenti soprannumerari di Filosofia e storia, in Italia circa 200, circa 1000 di Discipline giuridiche ed economiche.
Qual è la logica di tutto questo? Dove andranno queste persone? La legge dice che i soprannumerari nazionali verranno utilizzati per il primo anno nella prima provincia scelta, quello che accadrà in seguito non è dato saperlo. Qual è il senso di entrare di ruolo in una provincia in modo fittizio? Come si possono stabilire migliaia di immissioni in ruolo senza prima fare un calcolo dei posti effettivamente disponibili?
Volendo fare propaganda politica, il governo ha assunto svuotando le graduatorie, cioè assumendo docenti esperti in situazione di precariato da anni e insieme persone ignare di scuola che erano inserite nelle Graduatorie ad esaurimento da tempo ma che, essendosi poi dedicate ad altro, non potevano reclamare nessun diritto ad avere un posto nella scuola e che invece, con loro stupore, si sono trovate assunte tempo indeterminato. Ma il ministero non ha provveduto a salvaguardare il diritto ad un posto di lavoro vicino a casa a chi aveva faticosamente scalato la graduatoria, e che da anni lavorava nella propria provincia di residenza, mentre chi è soprannumerario rischia di essere utilizzato sotto casa.

4. Le scelte al buio
E’ oramai prassi che nella scuola i docenti debbano scegliere al buio, senza dati certi. Solo l’ultimo episodio: a fine maggio è scaduta la domanda di mobilità, che per legge i neoassunti devono presentare, ma la disponibilità dei posti effettivi disponibili è stata data un mese dopo e, rispetto ai posti che erano stati indicati a novembre, il loro numero si è notevolmente ridotto, per i motivi che abbiamo spiegato. Facendo l’esempio di Filosofia e storia, dei 21 posti di potenziamento che l’USP  Cagliari aveva assegnato alla provincia a novembre, ne sono rimasti 8. Chi ha la doppia abilitazione sostegno-materia, avrebbe potuto fare una scelta più consapevole, se questi dati fossero stati resi noti prima.

5. I criteri della mobilità
I criteri della mobilità straordinaria sono in patente contrasto con i criteri del merito, sbandierati dal governo e introdotti all’atto dell’assunzione delle scuole. Se i criteri di mobilità si ispirassero al merito, valore di cui si fa forte questo governo, anche l’assegnazione agli ambiti avrebbe dovuto seguire tale criterio. Invece l’assegnazione su ambiti territoriali, con mobilità nazionale, viene fatta secondo i vecchi criteri della mobilità, che non sono nemmeno coerenti con i criteri il punteggio che si aveva in graduatoria ad esaurimento. Secondo questi vecchi criteri che regolamentano la mobilità, ogni figlio “vale” 3 o 4 punti, un dottorato ne vale 5, solo per fare un esempio. Il fatto di essere genitori, non impedisce di essere intellettualmente onesti: quale equità è ravvisabile nel dare un punteggio ad ogni figlio? Siamo d’accordo sul fatto che i minori vadano tutelati ma non sembra coerente con il merito assegnare un punteggio per ciascun figlio. Si preferisce così avallare il paradosso per cui chi ha più esperienza di insegnamento ma è sterile, oppure chi decide liberamente di non riprodursi, può essere scavalcato da un numero imprecisato di genitori. Dove sta il merito in tutto ciò?

6. Mancanza di trasparenza
I docenti entrati in ruolo nelle fasi b) e c) si sentono ostaggio dell’algoritmo con cui il cervello del ministero elabora tutti i dati. In tutta la procedura c’è un’assoluta mancanza di trasparenza. Non  è stato possibile prendere visione delle graduatorie, perché il Ministero non le ha mai prodotte, e perciò neppure verificare la propria posizione ed eventuali superamenti illegittimi. Coloro che hanno chiesto e ottenuto l’accesso agli atti hanno constatato con assoluta certezza che il Ministero ha immesso in ruolo sulla base di un elenco di aspiranti, ma senza l’indicazione del punteggio. Non è stato e non è tuttora possibile valutare la correttezza procedurale seguita. Di ciò abbiamo prova inconfutabile. A coloro che hanno insistito nella richiesta di accesso il Ministero ha risposto che non può mostrare il punteggio perché non esiste un atto amministrativo che lo indichi: come è avvenuta allora l’assegnazione alle sedi in fase b)? E come avverrà l’assegnazione agli ambiti nella prossima mobilità in scadenza? Temiamo che seguirà la stessa sorte delle procedure di assunzione della fase b, perché il meccanismo è simile e la procedura è ancora più complicata.

7. I problemi della tempistica
Poiché i docenti neoassunti con le fasi b) e c) saranno titolari su un ambito territoriale, questa assegnazione sarà fatta a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico; per la secondaria superiore si conosceranno i trasferimenti su ambito territoriale solo il 13 agosto: il che significa che si avranno solo due settimane di tempo per organizzare un eventuale trasferimento in un’altra città. Noi docenti sardi rischiamo addirittura di non poter prendere servizio vista la criticità della situazione trasporti. Senza contare che le segreterie dovranno anche gestire la chiamata diretta dei Dirigenti, sulla cui modalità i criteri sono ancora in via di definizione in questi giorni.

8. Falle del sistema
Sono stati denunciati vari errori commessi dagli Uffici scolastici provinciali durante le fasi di mobilità, errori denunciati da colleghi attenti. Ciò è indicativo del fatto che la procedura, pensata e continuamente “aggiustata” o addirittura peggiorata in itinere, è talmente complessa che si espone a numerosissimi errori, causando  situazioni illegittime. E’ altamente probabile che non tutte vengano sanate. Il problema è che si è voluta fare una riforma in modo frettoloso al solo scopo di fare propaganda politica. Gli uffici scolastici territoriali lavorano alla giornata, seguendo le indicazioni orali, senza un quadro orientativo sul domani, e spesso, troppo spesso, senza nemmeno circolari. La situazione pare decisamente sfuggita di mano.
Per rendersi conto di come la procedura venga elaborata in itinere, con tutte le storture che ne seguono e gli effetti negativi sulle persone, si pensi a come sono state gestite le assunzioni in ruolo l’estate scorsa. A tutti i docenti, col fine di sanare temporaneamente l’ingiustizia subita da coloro che, pur essendo collocati nei posti più alti in graduatoria, sono passati di ruolo in altre regioni, è stata data l’opportunità di prorogare la supplenza annuale, per chi l’aveva, al 30 giugno e di posticipare così la partenza. Per questo il governo ha potuto dire che il realtà in pochi erano partiti. Ma si trattava di una soluzione provvisoria perché il grande esodo ci sarà ora, salvo nuove misure al momento non note. E’ vero che chi ha scelto di fare domanda ha messo in conto la possibilità di partire ma le condizioni di questa accettazione vengono continuamente modificate senza nessuna trasparenza mentre i posti resi disponibili per i neoassunti spariscono in corso d’opera. Queste persone hanno partecipato alla mobilità nazionale, qualcuna forse riuscirà a tornare nella sua regione, qualcun’altra no. In tutti i casi, nell’era digitale, questi docenti sono dovuti andare in un’altra regione per apporre una semplice firma di presa di servizio, cosa che avrebbero potuto fare in qualsiasi scuola della propria città, in una scuola in cui non lavoreranno! Perché? Perché alcune regioni, come la Toscana, hanno prorogato i contratti per evitare che si dovesse partire solo per firmare la presa di servizio, mentre altre, come la Sardegna, è rimasta sorda di fronte a questa vergogna?
In ultimo, le pratiche burocratiche si scontrano contro le rigidità dei sistemi informatici, che sono stati elaborati senza contemplare le situazioni nuove che si sono create in queste procedure creative. Per esempio, molti docenti della secondaria superiore hanno preso servizio dal primo luglio fino al primo settembre in una scuola primaria, solo per espletare gli obblighi burocratici, ma il sistema per il caricamento della presa di servizio non è pronto per l’incongruenza che si crea tra la scuola primaria che non può caricare un contratto per un docente della secondaria. Ci saranno quindi anche parecchi colleghi che non riusciranno a percepire lo stipendio finché il sistema non sarà modificato.

9. Misure possibili
Innanzitutto questa situazione ci fa capire ancora di più l’urgenza di una legge regionale sull’istruzione che da una parte eviti che la qualità della didattica venga sacrificata alla logica della propaganda politica, e che, dall’altra, tuteli i docenti sardi. Col piano di reclutamento il ministero ha di fatto imposto ai docenti di accettare qualsiasi sede a livello nazionale, trasformando una graduatoria provinciale in un elenco da cui attingere per coprire posti vacanti su tutto il territorio nazionale, creando danni enormi non solo, ma data la specificità isolana, in particolare ai sardi. Molti di questi docenti sono soprannumerari nazionali, per cui non vale nel loro caso neppure il discorso secondo cui è giusto che vadano a lavorare dove il lavoro c’è; sul loro destino nulla si sa al momento.
Occorre pensare ad una scuola che sia in funzione del territorio, delle sue esigenze, e della necessità di tenere in contatto la nostra Isola con il variegato mondo globale. Occorre pensare ad una formazione continua del corpo docente, rendere attraente questo mestiere, e non odioso.
Occorre creare istituti di formazione permanente valorizzando le competenze delle scuole, individuando docenti capaci e disponibili a introdurre i giovani a questo lavoro.
Occorre garantire che i giovani capaci, finita l’Università possano avere anche la scuola come sbocco lavorativo, prima di buttare al vento anni di formazione scolastica e universitaria che è costosa per le istituzioni e faticosa per chi la compie.
Occorre tutelare la libertà di insegnamento messa in crisi dal sistema servile introdotto dalla Legge 107/2015, con l’uso strumentale dell’idea del merito da valorizzare, propagandata più che realmente perseguita.
Si può provare ad agire anche sulle situazioni contingenti assurde: per esempio il futuro dei soprannumerari nazionali dopo il secondo anno di ruolo o sulla tempistica delle prossime scadenze (assegnazioni provvisorie e utilizzazioni), in modo che non si facciano ancora una volta al buio. Potrebbe essere un primo passo.
Occorre creare un legame stabile tra istituzioni e docenti che operano nella scuola e sono consapevoli dei suoi problemi, non delegare questo compito ai soli dirigenti, spesso risucchiati, anche loro malgrado, dalle problematiche imposte loro da una burocrazia sempre più pressante e cogente.
Fino a quando sarà possibile, ci appare non solo un diritto, ma anche un dovere, mostrare quali sono le premesse, i significati impliciti e le conseguenze pratiche di questa pessima legge, che ha creato una pura follia amministrativa che non contempla la qualità della didattica, il merito, il rispetto per le persone e che invece dà conto dell’incompetenza di chi ci governa che può farsi forza del silenzio della pubblica critica semplicemente perché i cittadini non hanno tempo e modo di occuparsi di tutti i problemi specifici dei vari ambiti sociali.

Cagliari, 21 luglio 2016              Claudia Atzori neo immessa in ruolo nel 2015

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