SCEMO CHI LEGGE (lettura e scrittura nell’era del cesso globale) di Gian Luigi Deiana

SCEMO CHI LEGGE
(lettura e  scrittura nell’era del cesso globale)
di Gian Luigi Deiana

 
Scemo chi legge” era la proposizione meno zozza nella grande antologia pittografica e letteraria scritta nei cessi delle stazioni, quando ancora davvero esistevano le stazioni.
Ora le stazioni di una volta non ci sono più, ma in compenso il cesso della scrittura si è digitalizzato ed è diventato universale: milioni di volte minuto per minuto si compie il rito osceno nel quale lo scemo che legge diventa il capolavoro comunicativo dello stronzo che scrive.
 
Poichè ogni lettura presuppone una scrittura, prima di tutto è sul degrado di questa che dovremmo fissare l’attenzione pedagogica e sociale: tuttavia ci troviamo incalzati da ricerche accademiche, missioni governative e allarmate grida mediatiche sulla deficienza dilagante nella lettura e in particolare nella comprensione di un testo, particolarmente tra i giovanissimi, e quanto all’Italia particolarmente al sud e peggio ancora in Sardegna.
 
Io non nego che ciò sia reale, ma il problema consiste nel “perchè” è diventato reale e perchè è oggi più grave che nelle generazioni di prima.
 
Se vogliamo rispondere a questa domanda dobbiamo percorrere tre piste:
la prima, di carattere sociologico, riguarda la relazione che intercorre tra lo scadimento della lettura ed altre allarmanti emergenze di carattere sociale;
la seconda, di interesse pedagogico, che relazione vi sia fra il decadimento nella lettura e il decadimento nella scrittura;
la terza, di carattere antropologico, riguarda la condizione dell’individuo di fronte alla cosmicità del materiale comunicativo o all’incessante bombardamento mediatico.
 
PRIMA PISTA
Il decadimento giovanile nella lettura marcia in parallelo con un prosciugamento radicale di tutti gli ambiti della relazionalità sociale: tracollo della natalità, riduzione delle reti di parentela alla famiglia mononucleare, riduzione dei rapporti affettivi e comunicazionali interni alla famiglia, dissolvimento di agenzie formative parascolastiche, ludiche o confessionali, pendolarismo scolastico e scissione della socialità quotidiana, desertificazione dei piccoli paesi, squallore delle periferie urbane, ecc..
Un vuoto spaventoso che come ogni vuoto è esposto minuto per minuto alle alluvioni della grande fogna della scrittura digitale, così come ogni cittadino elettore è esposto alle oscenità espressive di leader politici umanamente degradati.
Dunque, una attenzione sociologica decente dovrebbe almeno evitare di fissarsi su questo esito nefasto, la deficienza nella lettura, senza considerarne il brodo di coltura.
 
SECONDA PISTA
Il rapporto tra lettura e scrittura.
Sempre la deficienza nella lettura corrisponde a una deficienza nella propria scrittura e ciò significa che io, per soddisfare la mia necessità comunicazionale, mi dispongo minuto per minuto a compensare con una lettura deficiente la mia incapacità di scrivere in modo minimamente intelligente.
La lettura e la scrittura funzionano come il respiro, e infatti se non si alimentano reciprocamente nella giusta misura si finisce per andare in giro con una macchinetta artificiale e perpetua per l’ossigeno e l’anidride carbonica.
Questo, e solo questo è il problema tecnico, pedagogico e politico alla radice dell’incapacità crescente di leggere in modo minimamente adeguato le cose: come si spiega?
 
TERZA PISTA
La sproporzione tra il proprio limite quotidiano nel tempo di vita e la quantità dell’offerta mediatica: mentre alla generazione precedente era concesso di ascoltare musica mentre si leggeva un libro, oggi stanno ormai dilagando pratiche assurde di ingurgitazione multipla, ascoltare un audiolibro mentre fai parole crociate, utilizzare acceleratori di audiolettura ecc..
E’ il polo opposto a quello occupato da chi non legge per nulla, ed è ancora più scemo: la lettura, per far bene alla salute mentale, deve essere selettiva, dietetica e gioiosa, altrimenti squalifica sia il lettore che l’opera.
Ed anche questo, che è in rifugio nel chiasso universale equivalente al mutismo universale, come si spiega?
 
Si spiega così: se due adolescenti semianalfabeti si innamorano, riescono  immancabilmente a trovare il modo di dirsi le cose e dirsele in modo reciprocamente comprensibile e persino poetico.
Ciò che rende possibile questo miracolo è l’intima disposizione a farlo, la “motivazione”.
Ciò significa che ogni oggetto di interesse, non solo l’innamoramento, può essere degnamente scritto e degnamente letto se scaturisce da una sorgente intima piuttosto che da una palude stagnante.
Se riesci a trovare in un vecchio cassetto una lettera di tuo nonno dai suoi anni di soldato, o di tuo padre da una miniera belga, ti può persino venire da piangere, e probabilmente si trattava di autori con la quinta elementare e persino i muri di cella delle prigioni possono parlare poeticamente.
Ciò significa che la scrittura esige una motivazione, e la motivazione esige un soggetto, uno che nello scrivere si esprime implicitamente come Dio nel primo di tutti i libri: io sono.
 
La nostra pedagogia della scrittura si muove da mezzo secolo in qua esattamente a rovescio: si ostina a insegnare la cancellazione della soggettività in nome e in adorazione dell’oggettività.
Le mitologie dell’articolo di giornale, del saggio breve, della dissertazione di letteratura, di storia o di scienza hanno imposto la modellistica del feticcio.
Cantare il tempo, non può essere il tuo tema, e tanto meno le guerre, le armi e gli amori.
 
Insomma cresci totalmente spoglio in un mondo permeato dal dominio della scrittura non tua e, soprattutto, in quanto in questa universale sottrazione di individualità la scrittura diventa strumento totalitario di dominio, sei esposto ad ogni slogan, ad ogni spot, ad ogni menzogna e ad ogni merda confezionata ad hoc: puoi trovarti infiniti esempi dai tuoi leader politici ai tuoi negazionisti di Auschwitz ai tuoi venditori di Amazon ai tuoi crociati contro i vaccini o a quelli che ti dicono troia o checca in un rap.
 
Dato che gli esempi sono infiniti, limitiamoci a riportarne uno solo, recentissimo e noto a tutti: il famigerato MES, altrimenti detto Fondo Salva Stati.
In realtà nel suo intento dovrebbe essere il Meccanismo Europeo di Stabilità, e solo indirettamente e in una relazione complessa riguarderebbe l’adozione di un paracadute per bilanci statali in crisi.
Tuttavia lo si è chiamato correntemente da ormai sette anni Fondo Salva Stati, veicolando con questa semplicissima bugia una fabbrica di propaganda nazionalistica e persino la raccolta di centinaia di migliaia di firme e una proposta di referendum laddove non solo i firmatari di strada non sanno nulla dell’oggetto, ma non si curano di spiegarne nulla o addirittura non ne sanno nulla nè gli esponenti governativi nè gli esponenti antigovernativi che si fronteggiano ad arte sul tema.
E’ un vero caso di scuola, che dimostra quanto persino su questioni vitali il problema della deficienza nella comprensione di un testo non sta tanto nel cittadino che legge, quanto piuttosto nel legislatore, nel leader politico o nel fabbricante di opinione pubblica.
La lettura di un semplice regolamento comunale o di una bolletta del servizio idrico o di dove devi mettere il tetrapack per la differenziata è un esempio di questa malattia confusionale.
 
Il problema non è nella metastasi, lo scemo che legge, è nel cancro, lo stronzo che scrive.
 
 

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