LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO: una questione non archiviabile

Finisce ufficialmente oggi, ultimo giorno della lunga campagna elettorale per le elezioni europee, la breve campagna scolastica per la libertà di insegnamento.

In un gioco nel quale pesce grande mangia pesce piccolo appare, quindi, che un incidente clamoroso, ma periferico (la sospensione dell’insegnante di Palermo per un lavoro scolastico sulle leggi razziali e i loro risvolti odierni), sia stato ricondotto con garbo istituzionale nel terreno di caccia del pesce grande (il consenso elettorale per il partito politico che dirige insieme il ministero dell’interno e il ministero dell’istruzione).

Ma a sua volta la ricerca di consenso elettorale sulle elezioni europee è giocata da questo medesimo partito come capitolo parziale della grande caccia onnivora sul terreno dell’ideologia (uso spregiudicato dei social, costruzione del divismo face to face, traduzione mimetica del confronto politico in gioco a quiz casa per casa, sostegno aperto all’editoria di estrema destra, prove di ingresso speciale ai saloni del libro, insulti alla grande informazione non allineata, occupazione dei posti chiave alla RAI, annuncio di cancellazione delle piccole testate cooperative, decreto di estromissione di Radio Radicale dalle cronache parlamentari ecc.).

Questo preoccupante contesto disvela la vera dimensione dell’incidente scolastico di Palermo, ed evidenzia il fatto che esso, archiviabile come incidente di zelo amministrativo, non è affatto archiviabile come problema pedagogico e come faro costituzionale. Il campo politico presenta oggi una lotta ormai oppositiva per la presa egemonica sulla cultura (educazione dei giovani, costruzione dell’opinione pubblica, plasmazione del senso comune, ecc.). 

E’ proprio su questo carattere complessivo dell’offensiva della Lega che, come COBAS Scuola Sardegna, abbiamo cercato da subito di stigmatizzare il caso che ha interessato la collega Rosa Maria Dell’Aria (vedi “incontri ravvicinati del terzo tipo”, pubblicato sul sito COBAS Scuola Sardegna il 18 maggio). 

In ragione di questo doppio livello (incidente amministrativo e problema civile), si è potuto registrare il rapidissimo decorso di raffreddamento della vicenda: la sollevazione immediata e spontanea di tutto il mondo della scuola “dal basso” non ha trovato una pronta e adeguata corrispondenza nell’attenzione delle organizzazioni deputate (sindacati di categoria e associazioni riconosciute).

I sindacati concertativi, anzi, tradizionalmente complici di blitz diseducativi quali le prove Invalsi, erano impegnati in quelle stesse ore a pattuire persino le condizioni di condiscendenza alla regionalizzazione e per di più le aule scolastiche vivono, in queste ultime due settimane di attività, i ritmi accelerati di ogni fine anno.

Non deve sorprendere, quindi, che l’incidente sia stato rapidamente assorbito e che l’appello delle organizzazioni concertative sia sopraggiunto fuori tempo massimo.

Tuttavia questo inedito tipo di CID, per cui un ministro omnibus mette ufficialmente in scena la conciliazione amichevole di incidente annunciando l’incontro personale con la professoressa vittima del nuovo zelo, non chiude affatto il problema e non lo ripone affatto nel cassetto silente del verbo costituzionale, anzi finalmente lo riapre.

Infatti nella Costituzione non vi è niente di silente e niente di scontato, per quanto trent’anni di cancellazione dell’educazione civica dai programmi didattici possano averne favorito un’abitudine a ciò confacente.

Men che meno è scontato il principio della libertà di insegnamento, che garantisce ed educa la libertà di espressione, la quale garantisce e rende comunicabile la libertà di pensiero.

Se consideriamo questa semplice scalarità e la sua stretta interconnessione condizionale (libertà di pensiero, libertà di espressione, libertà di insegnamento), ci possiamo rendere conto di quale sia realmente la posta in gioco, e di cosa si è barattato nel tempo, per esempio, con la dissoluzione dell’educazione civica in favore delle cosiddette didattiche delle competenze.

Ci possiamo rendere conto del fatto che la palude civile di oggi ha avuto una sua genesi non tanto lontana.

Ci possiamo rendere conto di come ad un partito di governo di fatto extra-costituzionale sia oggi possibile, grazie alle vacue proclamazioni riformatrici dei partiti costituzionali di ieri, di prospettare persino la regionalizzazione del sistema scolastico.

Ci possiamo rendere conto dell’inadeguatezza pedagogica delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori della scuola e dello stesso costume di indolenza troppo spesso sotteso, anche in seno al corpo docente, rispetto al dovere etico di praticare nel vivo “il dovere” della libertà di insegnamento.

Se il clima che si vive nella scuola è stabilmente grigio, tuttavia il lampo di Palermo è stato un evento imprevedibile e inaspettato ma è, a tutti gli effetti, un lampo di avvertimento.

Se lo consideriamo con la dovuta attenzione ne sovviene che è necessario fermarsi insieme per una riflessione collettiva sul carattere cruciale della libertà di insegnamento e della sua pratica come dovere etico.

Disponendo di pur minimi strumenti per poterlo fare, quali i corsi di formazione, è giunta l’ora di dedicarvi, a breve, l’impegno necessario.

COBAS Scuola Sardegna

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