ATTI OSCENI IN LUOGO PUBBLICO: un battimani nel Senato della Repubblica – di Gianluigi Deiana

ATTI OSCENI IN LUOGO PUBBLICO
un battimani nel Senato della Repubblica

di Gianluigi Deiana

Il concetto dell’osceno è sempre relativo al suo tempo, sempre soggetto a una mutevolezza generazionale, sempre tacitamente in bilico fra la fondatezza e l’assurdità.

In quanto capace di legare strettamente il pregiudizio e l’istintualità, esso è anche intrinsecamente pericoloso: è per questa ragione che dovrebbe essere sempre oggetto di una particolare attenzione critica nei sistemi educativi.

Tuttavia esso ha anche, e forse prima di tutto, una ragion d’essere insopprimibile, che prescinde da contesti specifici. Questa ragione è costituita dall’ “osceno eterno”: laddove lo sgomento, la paura e il ribrezzo insorgono insieme nella coscienza come un allarme improvviso ed estremo.

Non si tratta dell’imbarazzo riferito alla vista casuale di un bacio fra due ragazzi o fra due ragazze, che di oscenità non ne ha ombra alcuna, e nemmeno del fastidio provocato da un esibizionista che affonda le mani nel sottopancia al passaggio di una giovane donna.

No: “l’osceno eterno” è ben altro.

Esso è costituito, come esempio teatrale incancellabile, da situazioni come il grande applauso di centocinquanta Senatori di una Repubblica alla lettura dell’esito di un voto segreto su un disegno di legge, avente come oggetto il diritto alla discriminazione o la sua abiura.

Quell’applauso è stato così spontaneo, rabbioso e soddisfatto di sè che nemmeno una scena di branco ne potrebbe mai raggiungere una tale esaltazione in termini di “orgasmo”: dall’icona raggiante del senatore Pillon alla distanza voyeristica del senatore Renzi, questa pagina non si potrà mai più dimenticare.

Ma proprio in questa trionfale eternazione, in realtà, sta la verità della sua sconfitta.

Ogni malefatta a radice sessuale, in quanto ripensata nella sua contingente oscenità, impone a chi la esegue una necessità di cancellazione: ma l’osceno eterno, così reso pubblico, istituzionale ed immortale, non può essere cancellato.

Esso ha conquistato insieme il suo diritto al trionfo e la sua condanna al vituperio: per sempre.

I sondaggi di opinione rivelano ora, giorno dopo giorno, che il contenuto spirito del disegno di legge sull’omotransfobia è condiviso dalla stragrande maggioranza della popolazione, quasi in un rapporto di 3 a 1: 62% contro 24%; e tuttavia quel 62% fino a ieri era presumibilmente costituito da una quota cospicua di “indifferenti”: favorevoli per principio all’approvazione, ma non interessati per vicenda personale o non coinvolti da situazioni concrete.

Ora non più: il grande merito di quel voto in Senato è stato quello di avere strappato la maschera ai crociati della discriminazione e di avere tolto la benda dagli occhi a milioni di cittadini.

Si è trattato cioè di una sorta di passaggio obbligato, aderente a quella necessità storica che una grande filosofia definì un tempo “il travaglio del negativo”.

O secondo la formidabile allusione biblica, aderente alla descrizione biblica di quell’istante di illuminazione e sgomento dopo il peccato, e la visione della vera miserabile nudità: i loro occhi si aprirono, e videro.

 

 

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