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FERMIAMO LA RWM – Domusnovas 1° marzo 2022 – MANIFESTAZIONE CONTRO LA FABBRICA DI BOMBE E I MERCANTI DI MORTE – FOTO e VIDEO

FERMIAMO LA RWM
Domusnovas 1° marzo 2022
MANIFESTAZIONE CONTRO LA FABBRICA DI BOMBE E I MERCANTI DI MORTE
 
CHIEDIAMO IL BLOCCO DELLA PRODUZIONE E LA DEMOLIZIONE DEGLI IMPIANTI
 
CHI FA PROFITTI SULLA GUERRA NON VA LASCIATO IN PACE
STOP RWM
FOTO e VIDEO al seguente link
 
COBAS SARDEGNA

FERMIAMO LA RWM – 1° marzo 2022, ore 11 MANIFESTAZIONE CONTRO LA FABBRICA DI BOMBE E I MERCANTI DI MORTE

FERMIAMO LA RWM

1° marzo 2022, ore 11

MANIFESTAZIONE CONTRO LA FABBRICA DI BOMBE E I MERCANTI DI MORTE

 

I COBAS SARDEGNA aderiscono alla Manifestazione.

 

CHIEDIAMO IL BLOCCO DELLA PRODUZIONE E LA DEMOLIZIONE DEGLI IMPIANTI

I nuovi reparti realizzati dall’azienda RWM per triplicare la produzione di bombe della sua fabbrica di Domusnovas-Iglesias sono abusivi, lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza del 10 novembre scorso.

L’azienda non è però affatto disposta a rinunciare ai suoi piani, e, come sempre, può contare sull’appoggio incondizionato e la complicità di politici, amministratori e sindacalisti confederali, tanto che l’amministrazione comunale di Iglesias si è immediatamente dichiarata pronta a “sanare” gli abusi edilizi per far riprendere l’espansione del lucroso business di RWM.

La cosa purtroppo non deve stupire visto che la produzione di ordigni procede da anni in assenza di un valido piano di sicurezza per le aree esterne, che dovrebbe proteggere la popolazione dal rischio di incidenti catastrofici!

Le amministrazioni locali e la prefettura da anni tollerano questa scandalosa situazione e si rifiutano di bloccare la produzione di bombe ed esplosivi.

DRONI KILLER ISRAELIANI

Ma cosa dovremmo aspettarci da un’azienda che fa profitti vendendo bombe a paesi in guerra?

Sino a luglio 2019 le bombe di RWM erano destinate ad Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti che le hanno impiegate per massacrare la popolazione Yemenita, poi, dopo che il governo italiano ha bloccato questo business e la magistratura ha aperto una inchiesta sulla concessione di quelle scandalose licenze di esportazione, l’azienda ha continuato a fornire bombe alla Turchia e ha stretto accordi con un’azienda israeliana (la UVision) per la produzione e la commercializzazione in Europa dei famigerati Droni Killer, l’ultimo grido nel campo degli ordigni letali.

L’apertura dei nuovi reparti e l’avvio della produzione dei Droni Killer era addirittura prevista per novembre 2021, ma qualcosa è andato storto nei piani di Rheinmetall-RWM: abbiamo vinto il ricorso legale contro gli l’ampliamento della fabbrica, per effetto della sentenza del Consiglio di Stato i nuovi reparti e il nuovo poligono per test esplosivi sono abusivi e dovranno essere demoliti!

Sappiamo che quest’azienda di regola agisce in aperta violazione di tutte le norme, nazionali e internazionali, per il controllo degli armamenti, per la gestione del territorio, per la tutela della salute e della sicurezza e la protezione dell’ambiente, con la complicità di tutti i poteri locali e del sindacalismo confederale.

Non ci illudiamo quindi che la sentenza di un tribunale possa di per sé fermare questo business osceno.

È per questo che dobbiamo tornare a manifestare, a essere fisicamente presenti di fronte agli impianti, a mettere i bastoni tra le ruote a questa produzione di morte, perché chi lucra sulla guerra non va lasciato in pace.

APPUNTAMENTO

Martedì primo marzo 2022 – appuntamento nel piazzale della stazione dei treni di Villamassargia alle ore 11:00 per raggiungere insieme la fabbrica RWM (non arrivate tardi, alle 11 formiamo la carovana di macchine e partiamo!!).

Raggiungiamo il “belvedere sul piazzale delle bombe” dove parcheggiamo le auto e manifestiamo lungo il perimetro della fabbrica, dal nuovo poligono abusivo per test esplosivi (abusivi) sino alla strada di accesso, di fronte al piazzale di ingresso alla fabbrica, dove sosteremo in un rumoroso e fastidioso sit-in di protesta.

Portate acqua, panino e scarpe comode.

CHI FA PROFITTI SULLA GUERRA NON VA LASCIATO IN PACE

STOP RWM

INAUGURATO NEL POLIGONO DI QUIRRA IL BANCO DI PROVA PER I RAZZI SPAZIALI – da A Foras

INAUGURATO NEL POLIGONO DI QUIRRA IL BANCO DI PROVA PER I RAZZI SPAZIALI – da A Foras

Migliaia di litri di carburante in fiamme nel giro di pochi secondi, con le contestuali emissioni in atmosfera. Un impatto sull’ambiente e sulla salute che i tecnici, naturalmente, assicurano sia irrilevante, ma su cui in realtà si addensano le nubi dell’incertezza.

Il progetto denominato Space Propulsion Test Facility, in sostanza un banco di prova per i motori a carburante liquido che dovranno guidare nello spazio i razzi, è stato inaugurato ieri in località Sa Figu, Comune di Perdasdefogu, all’interno del Poligono Interforze del Salto di Quirra. Il tutto vale 26 milioni di euro. 9 milioni e mezzo arrivano dalle casse del Ministero dello Sviluppo Economico, altri 790 mila euro da quelle – certo non floride – della Regione. Il resto lo mette Avio, società per azioni con sede a Colleferro che ad oggi ha come socio principale Leonardo, l’azienda a controllo pubblico che domina il settore areospaziale-bellico in Italia.

Fra gli invitati alla cerimonia, tanti sono militari. C’è ovviamente l’amministratore delegato di Avio, Giulio Ranzo, ma ci sono anche il comandante della base Davide Marzinotto e c’è il comandante militare della Sardegna, il generale Francesco Olla. Stranamente non pervenuto Christian Solinas, per la Regione arrivano il presidente del Consiglio regionale Michele Pais (Lega) e l’amministratore unico del Distretto Aerospaziale (nonché, con cumulo di cariche di Crs4) Giacomo Cao.

La chiacchiera del destino aerospaziale del Poligono di Quirra circola, fra Ogliastra e Sarrabus, sin dal 1956, quando vennero espropriate le terre per realizzare il poligono più grande d’Europa. Chiacchiere, appunto, perché gli effetti registrato fino ad oggi sono spopolamento, depressione socio-economica e povertà collettiva. E le malattie, quelle per cui nessuno vuole prendersi la responsabilità, ma che ci sono e ammazzano le persone.

Non c’è solo la questione ambientale, e i dubbi sull’opportunità di finanziamenti pubblici ad aziende che poi, in sostanza, sono già a controllo pubblico. Ci sono le questioni etiche: sarà tutto civile lo scopo di questi razzi? Qualche anno fa Giacomo Cao, rispondendo ai dubbi sollevati da A Foras ed altri, assicurava che i progetti sui droni non avrebbero avuto alcuna connessione con le ricerche militari. Qualche settimana fa si è scoperto che l’Italia intende armare i droni Predator B: già dal nome qualche domanda ce la si poteva fare, ma tutti assicuravano che sarebbero stati impiegati per operazioni di protezione civile e servizi postali. I razzi Vega per ora non hanno impieghi militari, ma le tecnologie sviluppate per il loro utilizzo potrebbero averli e comunque.

L’altro dubbio è che, in fondo, stabilire qui il bando di prova dei missili ma non la sede dell’azienda nasconda la semplice esternalizzazione di pratiche dannose. Meglio farlo a Colleferro, o in Sardegna, nel bel mezzo del poligono di Quirra? Protetti non solo dal punto di vista militare, ma anche da quello della trasparenza, dato che su quello che accade dentro i poligoni e sui danni delle esercitazioni non è possibile sapere nulla di certo. In America, nella Guyana Francese, da dove partono i razzi europei destinati allo spazio, le proteste contro lo spazioporto sono state negli ultimi anni molto attive.

Avio ha garantito che l’impianto avrà a regime 35 posti di lavoro: briciole. Le fabbriche e i centri di ricerca dell’azienda sono tutti nella penisola, a Colleferro e in Piemonte e Campania. Qui, resterà il fumo dei motori.

https://www.facebook.com/675211922644586/posts/2089162231249541/

 

LA SINISTRA PICCOLA PICCOLA CHE PARAGONA PUIGDEMONT A BOSSI – dae S’Indipendente de Cristiano Sabino

LA SINISTRA PICCOLA PICCOLA CHE PARAGONA PUIGDEMONT A BOSSI

 

dae S’Indipendente
de Cristiano Sabino
30 de cabudanni 2021

 

https://www.sindipendente.com/blog/la-sinistra-piccola-piccola-che-paragona-puigdemont-a-bossi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Operazione “lince”: un processo politico. Tutti rinviati a giudizio gli indagati attivisti contro l’occupazione militare

I COBAS Scuola Sardegna sono solidali con tutte/i le/gli indagate/i e insieme ad A Foras continueranno a lottare contro le servitù militari e contro l’occupazione della nostra terra.

 

COBAS Scuola Sardegna

 

 

Comunicato di A Foras

UN PROCESSO POLITICO. TUTTE E TUTTI GLI INDAGATI RINVIATI A GIUDIZIO AL TRIBUNALE DI CAGLIARI.

 

Il Tribunale di Cagliari stamattina ha disposto il rinvio a giudizio di tutti i 45 indagati e indagate, attivisti a vario titolo del movimento sardo contro l’occupazione militare, dell’operazione Lince. Per le contravvenzioni e i capi d’accusa meno gravi è intervenuto il non luogo a procedere, ma tutti gli altri sono stati confermati. Per 5 l’accusa più grave riguarda l’associazione eversiva e per gli altri 40 questo elemento rappresenta un’aggravante.

A Foras non è certo sorpresa da questa decisione, che conferma la natura politica di questa indagine e del processo che comincerà il 6 dicembre.

La contestazione del reato associativo, come se gli attivisti sardi fossero mafiosi e non militanti politici, indica come il vero obiettivo del processo non sia quello di far luce sui singoli reati che gli indagati avrebbero commesso, tutti da dimostrare peraltro.

L’obiettivo è quello di mettere sotto accusa e disperdere un movimento che gode di una diffusa simpatia popolare e che negli ultimi anni aveva rialzato la testa.

Proprio a partire dalla grande manifestazione di Capo Frasca di cui ricorreva ieri il settimo anniversario.

I 45 indagati e indagate sono stati scelti per spaventare tutti i sardi e le sarde che da decenni lottano contro le basi militari. Questo processo vuole spaventare i sardi con una chiara minaccia: chi lotta contro le basi è un terrorista eversore.

Il movimento sardo contro l’occupazione militare è un insieme di singoli e collettivi che lavorano, ognuno con le proprie modalità e senza un organismo direttivo, per liberare la Sardegna da una servitù odiosa. Lo Stato vuole sopprimere questo movimento, tanto che il ministero della Difesa si è costituito parte civile nel processo, mentre dall’altro lato fa di tutto per evitare di riconoscere risarcimenti alle vittime delle esercitazioni e per difendere gli ufficiali responsabili della sicurezza dei lavoratori, militari e civili, e della popolazione che vive intorno ai poligoni.

  1. Il movimento però non si farà intimorire e risponderà sul piano politico, a cominciare da quest’autunno con la ripresa delle esercitazioni e dal 6 dicembre, giorno per cui è stata fissata la prima udienza.

 

https://www.facebook.com/675211922644586/posts/2072441526254945/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fuoco della subalternità e i suoi intellettuali organici – Collettivo Filosofia De Logu

Il fuoco della subalternità e i suoi intellettuali organici

Il Collettivo Filosofia De Logu interviene, con un articolo condivisibile, in risposta ad un editoriale di Marcello Fois, pubblicato su La Nuova Sardegna del 26 luglio 2021, che attribuisce alla “brava gente di Sardegna” la responsabilità dei roghi.
28 luglio 2021

 

COBAS Scuola Sardegna

Articolo di Filosofia De Logu

 

Il fuoco della subalternità e i suoi intellettuali organici

Intervento di Marcello Fois

 

Sardi, brava gente ma tanta ignoranza

 

 

CUBA RESISTE! di Frei Betto

Condividiamo la lettera di Frei Betto sulla resistenza di Cuba all’illegale embargo statunitense che dura da sessant’anni.

Nicola Giua
COBAS Scuola Sardegna

CUBA RESISTE!
di Frei Betto

Sono pochi quelli che non conoscono la mia solidarietà nei confronti della Rivoluzione cubana.
Sono 40 anni che vado spesso sull’isola, per impegni di lavoro o perché invitato a un evento.
A lungo ho mediato la ripresa del dialogo tra i vescovi cattolici e il governo cubano, come descritto nei miei libri “Fidel e a religião” (Fontanar/Companhia das Letras) e “Paraíso perdido – viagens ao mundo socialista” (Rocco).
Sono attualmente consulente del governo cubano per l’esecuzione del Piano per la sovranità alimentare e l’educazione alimentare.

Conosco nei dettagli il quotidiano cubano, ivi comprese le difficoltà della popolazione, gli interrogativi sulla Rivoluzione, le critiche degli intellettuali e degli artisti locali.
Ho visitato carceri, parlato con oppositori della Rivoluzione, ho convissuto con sacerdoti e laici cubani contrari al socialismo.

Quando dicono, a me che sono brasiliano, che a Cuba non c’è democrazia, passo dall’astrazione delle parole alla realtà dei fatti.
Quante foto o notizie mostrano o hanno mostrato cubani nella miseria, mendicanti stesi sui marciapiedi, bambini abbandonati per le strade, famiglie sotto i viadotti?
Qualcosa che ricordi la “cracolândia” brasiliana, le milizie, le lunghe file di malati in attesa, da anni, di essere visitati in un ospedale?

Avverto subito gli amici brasiliani: se siete ricchi in Brasile e doveste andare a vivere a Cuba, conoscerete l’inferno.
Non vi sarà possibile cambiare macchina ogni anno, acquistare abiti firmati, organizzare frequenti vacanze all’estero.
E, soprattutto, non potrete sfruttare il lavoro degli altri, mantenere i dipendenti nell’ignoranza, “andare orgogliosi” di Maria, la vostra cuoca da ormai 20 anni, e alla quale negate l’accesso a una casa di proprietà, alla scuola e a un’assicurazione sanitaria.

Se appartenete alla classe media, preparatevi a conoscere il purgatorio.
Anche se Cuba non è più una società statalizzata, la burocrazia non demorde, bisogna essere pazienti in fila al mercato, molti prodotti disponibili oggi potrebbero non esserlo tra un mese, per via dell’incostanza delle importazioni.

Se invece siete impiegati, poveri, senza fissa dimora o senza terra, preparatevi, perché conoscerete il paradiso. La Rivoluzione vi assicurerà tre diritti umani fondamentali: cibo, salute e istruzione, oltre a casa e lavoro. Potreste avere un grande appetito perché non mangiate ciò che più vi piace, ma non avrete mai fame.
La vostra famiglia avrà istruzione e assistenza sanitaria, compresi gli interventi chirurgici complessi, totalmente gratuiti, come dovere dello Stato e diritto di ogni cittadino.

Niente è più abusato del linguaggio. La famosa democrazia nata in Grecia ha i suoi meriti, ma vale la pena ricordare che, a quei tempi, Atene aveva 20 mila abitanti che vivevano del lavoro di 400 mila schiavi…
Cosa risponderebbe uno di queste migliaia di schiavi interrogato circa le virtù della democrazia?

Non auguro al futuro di Cuba il presente del Brasile, del Guatemala, dell’Honduras e nemmeno di Porto Rico, colonia statunitense cui viene negata l’indipendenza.
Né desidero che Cuba invada gli Stati Uniti occupando una zona della costa californiana, come è successo a Guantánamo, trasformata in centro di tortura e carcere illegale per presunti terroristi.

Democrazia, secondo il mio concetto, significa il “Padre nostro” – l’autorità legittimata dalla volontà popolare – e il “Pane nostro” – la condivisione dei frutti della natura e del lavoro dell’uomo. L’alternanza elettorale di per sé non fa, né garantisce, la democrazia.
Brasile e India, considerate democrazie, sono esempi palesi di miseria, povertà, esclusione, oppressione e sofferenza.

Solo chi conosce la realtà di Cuba prima del 1959 sa perché Fidel ha goduto di un tale sostegno popolare facendo trionfare la rivoluzione.
Il paese era conosciuto con il soprannome di “bordello dei Caraibi”.
La mafia dominava le banche e l’industria del turismo (sull’argomento sono stati girati diversi film).
Il principale quartiere dell’Avana, chiamato ancora oggi Vedado, si chiama così perché alla gente di colore non era permesso circolarvi…

Gli Stati Uniti non si sono mai rassegnati alla perdita di Cuba, soggetta alle loro ambizioni.
Per questo, subito dopo la vittoria dei guerriglieri della Sierra Maestra, hanno cercato di invadere l’isola con truppe mercenarie.
Sono stati sconfitti nell’aprile 1961.
L’anno dopo, il presidente Kennedy decretava il blocco di Cuba, in vigore a tutt’oggi.

Cuba è un’isola con poche risorse.
È costretta a importare oltre il 60% dei prodotti essenziali al paese.
Con l’inasprimento del blocco voluto da Trump (243 nuovi provvedimenti ancora non rimossi Biden), e la pandemia, che ha azzerato una delle principali fonti di reddito del paese, il turismo, la situazione interna si è aggravata. I cubani hanno dovuto tirare la cinghia.
Gli insoddisfatti della Rivoluzione, che gravitano nell’orbita del “sogno americano”, sono stati quindi i promotori delle proteste di domenica 11 luglio – con l’aiuto “solidale” della CIA, il cui capo ha di recente fatto un giro nel Continente, preoccupato alla luce dei risultati elettorali in Perù e Cile.

La persona più adatta a spiegare l’attuale situazione di Cuba è il suo presidente, Diaz-Canel: “È iniziata la persecuzione finanziaria, economica, commerciale ed energetica.
Loro (la Casa Bianca) vogliono che vi sia un’esplosione sociale interna a Cuba per convocare ‘missioni umanitarie’ che si traducano in invasioni e interferenze”.

“Siamo stati onesti, siamo stati trasparenti, siamo stati chiari, e abbiamo sempre spiegato al popolo, in ogni momento, le difficoltà di questo periodo.
Ricordo che più di un anno e mezzo fa, all’inizio del secondo semestre del 2019, abbiamo dovuto spiegare che ci trovavamo in un momento difficile.
Gli Stati Uniti cominciavano a intensificare una serie di misure restrittive, l’inasprimento del blocco, le persecuzioni finanziarie contro il settore energetico, con l’intento di soffocare la nostra economia. Questo avrebbe provocato l’auspicata esplosione sociale di massa, che avrebbe portato a richiedere un intervento ‘umanitario’, che si concluderebbe con un intervento militare”.

“La situazione è andata avanti, poi sono state imposte le 243 misure coercitive (di Trump, per inasprire il blocco) che tutti conosciamo, e infine si è deciso di includere Cuba nella lista nera dei paesi accusati di sponsorizzare il terrorismo.
Tutte queste restrizioni hanno portato il paese a tagliare immediatamente diverse fonti di reddito, come il turismo, i viaggi dei cubano-americani nel nostro paese e le rimesse di denaro.
È stato costruito un piano volto a screditare le brigate mediche cubane e le collaborazioni solidali di Cuba, che ha ricevuto un importante contributo per questa collaborazione”.

“Tutta questa situazione ha generato una situazione di carenza nel paese, principalmente di cibo, medicinali, e materie prime per poter sviluppare i nostri processi economici e produttivi che, al tempo stesso, contribuiscono alle esportazioni.
Sono stati eliminati due elementi importanti: la possibilità di esportazione e la possibilità di investire risorse”.

“Abbiamo anche delle limitazioni sul carburante e pezzi di ricambio, e tutto questo ha provocato un livello di insoddisfazione, che si è andato a sommare ai problemi accumulati che siamo stati in grado di risolvere e che sono eredità del Período Especial (1990-1995, quando, con il crollo del blocco sovietico, l’economia cubana ha subito gravi ripercussioni).
Oltre a una feroce campagna mediatica di discredito, come parte di una guerra non convenzionale, che cerca di creare una frattura tra il partito, lo stato e il popolo; e vorrebbe qualificare il governo come insufficiente e incapace di offrire benessere al popolo cubano”.

“L’esempio della Rivoluzione cubana disturba molto gli Stati Uniti da 60 anni.
Hanno imposto un blocco ingiusto, criminale e crudele, intensificato oggi nella pandemia. Blocco e azioni restrittive mai imposti a nessun altro paese, nemmeno contro quei paesi considerati i loro principali nemici.
È stata quindi una politica perversa contro una piccola isola che ambisce solo a difendere la propria indipendenza, la propria sovranità e a costruire la propria società con autodeterminazione, secondo principi sostenuti da più dell’86% della popolazione”.

“Nel bel mezzo di tutto questo, irrompe la pandemia, una pandemia che ha colpito non solo Cuba, ma il mondo intero, compresi gli Stati Uniti.
Ha colpito paesi ricchi, e va detto che nei confronti di questa pandemia neanche gli Stati Uniti o gli altri paesi ricchi sono stati in grado di mitigare gli effetti.
I poveri sono stati molto colpiti, perché non esistono politiche pubbliche rivolte al popolo, e vi sono dati, rispetto alla risposta nei confronti della pandemia, che indicano risultati in molti casi ben peggiori di quelli di Cuba.
Il tasso di infezione e di mortalità per milione di abitanti è di gran lunga più alto negli Stati Uniti che a Cuba (gli Stati Uniti hanno registrato 1.724 decessi per milione di abitanti, mentre Cuba ne ha avuti 47).
Mentre gli Stati Uniti si trinceravano nel nazionalismo vaccinale, la Brigata Henry Reeve di medici cubani ha continuato il proprio lavoro tra le popolazioni più povere del mondo (per il quale meriterebbe, è chiaro, il Nobel per la Pace)”.

“Senza la possibilità di invadere Cuba con successo, gli Stati Uniti mantengono un rigido blocco. Dopo la caduta dell’URSS, che aveva fornito all’isola strumenti per aggirare il blocco, gli Stati Uniti hanno cercato di aumentare il loro controllo sul paese caraibico. Già dal 1992, il voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite contro il blocco è stato schiacciante. Il governo cubano ha riferito che Cuba avrebbe perso, tra aprile 2019 e marzo 2020, 5 miliardi di dollari di commercio potenziale per via del blocco; negli ultimi quasi sessant’anni, avrebbe perso l’equivalente di 144 miliardi di dollari. Ora, il governo degli Stati Uniti ha applicato un’ulteriore stretta alle sanzioni contro le società di navigazione che portano il petrolio sull’isola”.

È questa fragilità che presta il fianco alle manifestazioni di malcontento, senza che il governo abbia dispiegato truppe o carri armati nelle strade.

La resilienza del popolo cubano, alimentata da esempi come Martí, Che Guevara e Fidel, si è dimostrata invincibile.

È a lei che noi tutti, che lottiamo per un mondo più giusto, dobbiamo solidarietà.

 

 

Consiglio di lettura per il nuovo anno: per nuove consapevolezze. “Sono morto come un vietcong”. Leucemie di guerra – di Giulia Spada

A Fora de sa Sardigna
(Contro le guerre, contro le armi e contro l’assurda e devastante occupazione militare della nostra terra).

Consiglio di lettura per il nuovo anno:
per nuove consapevolezze.

Nicola Giua
COBAS Sardegna

 

“Sono morto come un vietcong”.
Leucemie di guerra

di Giulia Spada,
edito da ‘Sensibili alle foglie’.

 

Sono morto come un vietcong è un viaggio nella Sardegna contemporanea militarizzata e colonizzata da eserciti di tutto il mondo, che scelgono i suoi Poligoni per testare le armi utilizzate nei vari teatri di guerra della Terra.
La voce narrante è il padre dell’autrice, un professore di scuola media in un piccolo centro nel sud dell’Isola, che racconta capitolo dopo capitolo ciò che accade intorno a lui: persone che muoiono di leucemie e tumori, animali che nascono deformi, l’attività della base militare vicina al paese.
L’autrice sceglie la forma del racconto per sollecitare una parola sociale intorno agli orrori della guerra in casa nostra, e nello specifico per offrire un ribaltamento di sguardo e riflettere sul fatto che in questi luoghi non si muore solo di leucemie o tumori, ma di guerra, e che dunque chi rimane sono orfani, orfane, vedovi e vedove di guerra.

 

GIULIA SPADA, laureata in antropologia culturale, si specializza prima in antropologia medica e poi in antropologia della morte.
Sviluppa progetti inerenti al fine vita.
Per queste edizioni ha pubblicato, nel 2016, con Annino Mele, Quando si vuole; con Luigi Spada, Cinque globuli rossi; nel 2018, con Nicola Valentino, La porta del mare.

 

MARILINA RACHEL VECA, membro onorario dell’Associazione Vittime Militari e Familiari delle Vittime, presieduta dall’Ammiraglio Falco Accame; membro dell’Associazione Nazionale Vittime Uranio Impoverito; ascoltata come esperta in audizioni parlamentari in Italia e in Serbia sugli effetti dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito.

 

Leggi la recensione di
Francesca De Carolis:

 

«Sono morto come un vietcong». Leucemie di guerra

NUOVI IMPIANTI A SALTO DI QUIRRA PER LE STAR WAR MADE IN ITALY

NUOVI IMPIANTI A SALTO DI QUIRRA

PER LE STAR WAR MADE IN ITALY

 

Altro che programmi di bonifica e disinquinamento, risanamento socio-ambientale e riconversione a scopi civili di una delle più devastate e devastanti infrastrutture di guerra della Sardegna. All’interno del maxi Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze di Salto di Quirra (PISQ), utilizzato da oltre 60 anni dalle forze armate nazionali, Nato ed extra-Nato e dal complesso militare industriale transnazionale per le “prove sperimentali” di sistemi missilistici e sofisticati armamenti, saranno insediati due nuovi impianti per testare motori a liquido (LRE – Liquid rocket engines) e realizzare componenti in carbon-carbon per i vettori aerospaziali.

Il progetto SPTF – Space Propulsion Test Facility è stato presentato ieri in Sardegna nel corso di una conferenza stampa a cui hanno partecipato i manager della società proponente, Avio S.P.A., e le maggiori autorità militari e civili dell’Isola. “SPTF prevede il coinsediamento degli interventi denominati Banco prova LRE e Impianto CC presso il sito Sa Figu, in un’area di 6,5 ettari posta all’interno del poligono sperimentale del Salto di Quirra, nel comune di Perdasdefogu (Nuoro)”, ha spiegato l’amministratore delegato di Avio, Giulio Ranzo. “I due impianti, pur risultando coinsediati sotto il profilo squisitamente dell’occupazione del territorio, sono distinti dal punto di vista industriale e di processo, e non risultano tecnicamente connessi tra loro in quanto operano in ambiti tecnologici, di prodotti e di servizio differenti. La necessità di avere un tale impianto di prova entro i confini nazionali permetterà di ridurre i tempi di sviluppo dei motori e i rischi associati alla divulgazione all’estero di informazioni e dati di interesse strategico. Questa struttura diventerà uno dei punti di eccellenza e di riferimento del settore spaziale europeo”.

“Oggi siamo qui per testimoniare la rilevanza di un progetto che nasce da una forte sinergia tra la Difesa, l’industria nazionale e le istituzioni locali”, ha spiegato il generale dell’Aeronautica militare Michele Oballa, comandante del PISQ di Salto di Quirra. “Si tratta di un progetto di altissimo valore tecnologico che punta a sviluppare, nel pieno rispetto degli standard ambientali, significative finalità nel campo della ricerca che potranno essere utili per lo sviluppo di motori spaziali e componenti a propulsione liquida, ma potenzialmente anche per numerose applicazioni in campo civile con interessanti ricadute occupazionali”.

Per l’insediamento industriale destinato alle attività di Avio S.p.A. saranno investiti 30 milioni di euro. “Nei primi tre anni di attività è previsto l’impiego di 21 persone che arriveranno, a regime, fino a 35 unità; parte integrante del Progetto SPTF sarà anche l’attività di ingegneria che continuerà ad essere svolta nella sede di Villaputzu”, spiegano i manager della società aerospaziale. Quando lo Space Propulsion Test Facility era stato presentato alla stampa la prima volta, il 6 giugno 2018, si era parlato invece di un investimento di 26 milioni di euro. “Come stabilito dal Ministero dello Sviluppo economico, il finanziamento pubblico è pari a poco più di 8 milioni e 700mila euro (la Regione Sardegna parteciperà con 790mila euro, ovvero il 3% dell’investimento complessivo, mentre il Mise con il resto”, riportò allora l’agenzia Ansa. “L’infrastruttura sarà realizzata da Avio, azienda leader nel settore, in partnership con Asi (Agenzia Spaziale Italiana), Dass (Distretto Aerospaziale della Sardegna), Regione e Comune di Villaputzu. Nell’infrastruttura, oltre a portare avanti ricerca e test di prodotti spaziali, saranno prodotti scudi termici interni ed esterni per la famiglia dei lanciatori Vega, lanciati in Guyana Francese per portare nello spazio satelliti”. Allo sviluppo del Progetto SPTF contribuiranno inoltre le ricerche avviate nell’ambito del programma Generazione E per la “sperimentazione di materiali, sistemi diagnostici e di controllo ambientale per i veicoli di trasporto spaziale di generazione evoluta”, coordinato dal Dass – Distretto aerospaziale della Sardegna, in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria meccanica, chimica e dei materiali dell’Università di Cagliari, il Centro italiano ricerche aerospaziali (Cira), la società Innovative Materials S.r.l. di Sestu (Cagliari), il Centro ricerca aerospaziale dell’Università la Sapienza di Roma, il Distretto tecnologico nazionale sull’energia (Ditne) dell’Università del Salento, la Sophia High Tech S.r.l. di Sant’Anastasia (Napoli), il Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università di Perugia e, ovviamente, Avio S.p.A.. Generazione E ha una durata di 30 mesi e costi per 4 milioni di euro circa, due dei quali coperti dal MIUR, il Ministero dell’Istruzione, l’Università e la Ricerca, attraverso il bando di “ricerca industriale e sviluppo sperimentale aerospaziale”.

Tutta da verificare la sostenibilità degli impatti socio-ambientali che il progetto industriale di Avio genererà nell’area del Poligono sperimentale interforze di Salto di Quirra, già ultracontaminato da centinaia di test militari di testate (anche all’uranio impoverito), propellenti chimici, ecc.. Per conseguire l’autorizzazione alla realizzazione degli impianti destinati a svolgere le attività di banco prova dei motori a liquido e produzione di componenti in carbon-carbon, nonché ad ospitare “le aree per lo stoccaggio pressurizzato di gas inerti (azoto, elio, ecc.)”, Avio S.p.A. dovrà acquisire dalle autorità regionali i pareri positivi di compatibilità ambientale, previa procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. “Per la procedura di VIA è stato elaborato lo Studio d’impatto ambientale da parte del proponente, poi presentato alla Regione Autonoma della Sardegna con la comunicazione del 28 giugno 2019”. spiega Avio in un report sulla SPTF – Space Propulsion Test Facility, pubblicato il 5 settembre 2019. Il report, in particolare, sintetizza gli esiti dello studio sui presumibili impatti sull’ambiente e il territorio.

“Durante la fase di cantiere le emissioni in atmosfera sono riconducibili alla produzione di polveri per la movimentazione dei terreni e alle emissioni dei mezzi impiegati per la costruzione del banco”, scrivono gli estensori dello Studio ambientale. “Gli inerti necessari per la realizzazione dello strato di sottofondo delle pavimentazioni stradali nonché i materiali idonei alla formazione dei rilevati saranno reperiti presso le cave attive disponibili sul territorio circostante l’area di intervento, in un raggio compreso fa 35 e 70 km; tali materiali saranno trasportati via autocarro: serviranno complessivamente circa 784 viaggi in andata e ritorno, corrispondenti in media a 1,4 viaggi/giorno. Le emissioni prodotte durante la fase di cantierizzazione associati all’approvvigionamento dei materiali hanno un impatto trascurabile (…) La distanza del cantiere dall’abitato, sito a circa 3 km dallo stesso, e la posizione dello stesso in un’area priva di insediamenti sparsi consente di valutare come nulli gli impatti sulla componente atmosfera e salute umana”.

“I risultati dell’attività previsionale dimostrano che per i diversi inquinanti le concentrazione in aria associate alle ricadute derivanti dalle emissioni degli impianti in esame sono ampiamente inferiori (tutti i corsivi sono nostri, NdA) ai limiti normativi previsti per la qualità dell’aria”, aggiunge lo Studio. “Le ricadute associate alle emissioni inquinanti dello scenario di progetto, comunque già estremamente contenute nell’intorno immediato, risulteranno trascurabili a distanze superiori a 300 m dal sito (…) Il principale impatto generato sulla componente suolo e sottosuolo riguarda l’impermeabilizzazione di una superficie attualmente vegetata corrispondente a circa il 20% della superficie d’uso totale, per complessivi 15.300 mq. L’impatto cumulativo in termini di modifiche morfologiche che si stima sulla componente suolo e sottosuolo è di valore medio, circoscritto all’area di intervento e caratterizzato da un ambiente naturale scarsamente popolato….”.

Tutt’altro che inesistenti anche gli impatti potenziali sull’ambiente idrico. “Essi sono riconducibili a modifiche del drenaggio superficiale ed emissioni di inquinanti e polveri in atmosfera che, per ricaduta, potrebbero alterare lo stato chimico-fisico dei corpi idrici superficiali”, ammette Avio S.p.A.. “Le opere civili previste per il progetto comporteranno una modifica del drenaggio idrico superficiale correlata alla realizzazione di rilevati e alle pavimentazioni per complessivi 15.300 mq. La perturbazione sarà circoscritta alle sole aree di progetto e di entità limitata, generando un impatto sul naturale deflusso delle acque superficiali di valore medio, in quanto, seppur di natura irreversibile, le acque in uscita dalla rete di drenaggio saranno convogliate nello stesso punto di chiusura del Bacino”. Non certo migliore lo scenario per l’ecosistema, la flora e la fauna. “I principali impatti attesi sono quelli riferiti alle modifiche dell’assetto floristico-vegetazionale e al disturbo della fauna per emissioni sonore e vibrazioni”, spiega lo Studio d’impatto ambientale. “La realizzazione delle opere richiede la rimozione parziale della vegetazione presente, per una superficie complessiva di circa 44.679 mq. Le aree da sottoporre a decespugliamento sono state localizzate nella porzione più montana dove è prevalente la presenza del Cistus monspeliensis, specie arbustiva non di pregio. Al fine di tutelare e garantire la conservazione delle specie di pregio quali fillirea, olivastro e lentisco, il Progetto prevede la rimozione e il trapianto in un’altra aerea all’interno del lotto. Durante la fase di cantiere le emissioni sonore e le vibrazioni prodotte potrebbero costituire seppur limitati elementi di disturbo per la fauna e generare un temporaneo allontanamento di alcune specie faunistiche presenti nell’area immediatamente limitrofa, limitato a poche centinaia di metri dall’area del sito. L’impatto cumulativo sulla fauna connesso a tali fattori di perturbazione può essere considerato basso, in quanto di lieve entità, a breve termine, spazialmente esteso ad un limitato intorno dell’area di progetto. Durante la fase di esercizio dell’Impianto C-C lo studio previsionale d’impatto acustico ha evidenziato valori di immissione sonora contenuti e ampiamente inferiori ai limiti normativi (65 dBA). L’esecuzione dei test del Banco Prova LRE potrebbe comportare una modifica del clima acustico nei dintorni del sito tale da disturbare la fauna selvatica determinando un temporaneo allontanamento di alcune specie faunistiche presenti nell’area limitrofa per poche centinaia di metri dall’area del sito, fino a ritrovare le condizioni di non disturbo. Sulla base delle considerazioni sopra riportate, l’impatto sulla fauna connesso a tale fattore di perturbazione può essere considerato basso, in quanto di bassa entità, spazialmente esteso alla sola area di progetto”.

“I principali fattori di perturbazione generati potrebbero determinare un’alterazione della qualità del paesaggio, legate all’alterazione visiva del paesaggio”, conclude lo Studio. “La perdita della naturalità del contesto territoriale risulta mitigata nella sua percezione in quanto la destinazione d’uso dell’area non consente l’ordinaria fruizione alla popolazione. La realizzazione delle opere non comporterà impatti negativi diretti sulla comunità locale, poiché gli impatti indotti saranno circoscritti alle aree di intervento. Di contro, la realizzazione delle opere genererà impatti positivi al contesto economico locale, poiché in fase di cantiere potrà essere coinvolta la comunità locale per la fornitura di materiali e eventuale manodopera con ripercussioni positive sull’occupazione locale, ed in fase di esercizio sarà generato un indotto significativo sul territorio legato alla presenza di personale per servizi e altro”. Affermazioni del tutto discutibili e non solo dal punto di vista “scientifico”, paesaggistico e ambientale.

Avio S.p.A. è un’azienda aerospaziale che opera nel settore dei lanciatori e della propulsione applicata a sistemi satellitari. Oltre ad aver progettato e prodotto i lanciatori spaziali Vega, ha sviluppato i sistemi propulsivi a propellente solido e liquido per i lanciatori Ariane 5 e Ariane 6 e per diverse tipologie di satelliti ad uso civile e militare. In Italia Avio è presente nella sede operativa principale di Colleferro (Roma) e in altri insediamenti in Campania, Piemonte e Sardegna. Filiali sono presenti all’estero, in Francia (Parigi) e Guyana Francese (Kourou).

 

link dal blog di Antonio Mazzeo 30 gennaio 2020

http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2020/01/nuovi-impianti-salto-di-quirra-per-le.html

 

 

A FORAS IN CAMINU… SIGHENDI S’ARRASTU DE SU MRAXANI.

Sulle tracce della volpe – Assemblea itinerante.
In collaborazione col Coordinamento dei Comitati Sardi e la Rete Sarda in Difesa della Sanità Pubblica

Dopo la camminata da Alghero alla base militare di Poglina, il movimento A Foras – Contra a s’ocupatzione militare de Sa Sardigna, propone una nuova tappa che l’8 e 9 dicembre toccherà le zone di Villacidro, San Gavino Monreale e Guspini. 
Seguire le tracce de “is mraxanis”: affaristi, militari e speculatori per scorgere in prima persona le ferite che la nostra terra ha subito nel corso degli anni, camminare per conoscere gli esempi positivi e virtuosi che siano stimolo per la Sardegna di domani.

L’iniziativa sviluppa i contributi e le decisioni prese durante la plenaria conclusiva del campeggio contro l’occupazione militare della Sardegna, svoltosi lo scorso settembre a Tertenia, in Ogliastra. Così come nell’occasione del campeggio, anche la camminata si arricchisce del contributo del Coordinamento dei Comitati Sardi e della Rete in difesa della Sanità pubblica. La volontà del movimento è quella, nel corso del tempo, di sviluppare confronto, coordinamento, azioni e mobilitazioni popolari volte a organizzare un fronte unito per la difesa della nostra terra. Grazie al contributo dei tanti comitati popolari diffusi sull’isola è necessario costruire tappe, convergenza e complicità per autodeterminarci come popolo e determinare le decisioni che sul territorio in cui viviamo si propagano

PROGRAMMA:

Sabato 8 dicembre

_Ritrovo ore 14.00 nella Z.I. Di Villacidro
Attraversando la zona industriale, grazie alle guide del posto, ragioneremo sulle imprese chiuse e l’abbandono di un territorio. Cammineremo poi fino a San Gavino scoprendo le nuove imprese speculative e inquinanti sul territorio (la discarica, il nuovo campo eolico, il progetto del metanodotto)

_ dalle ore 18.00 Piazza della Resistenza (viale Rinascita) – S.Gavino Monreale
TOUR DEI MURALES 
Alla scoperta dell’arte che lega cultura, identità e terra. Una prima tappa ideale verso le celebrazioni dei cinquant’anni della lotta di Pratobello e dei primi murales di Orgosolo che si terranno il prossimo giugno (1969-2019).

_ Dalle 19.00 Sede dell’Associazione Culturale KENEMERI – Via Carlo Goldoni 4
Saremo ospiti di RADIO REK di San Gavino per discutere della camminata e dei prossimi appuntamenti di lotta di A Foras. 
A seguire cena popolare e musica 
(Possibilità di pernottamento – contattaci per INFO!)

Domenica 9 dicembre 
_ Ritrovo ore 9.00 – Montevecchio – Guspini
GUSPINI E IL LASCITO DELLE MINIERE visita delle miniere di Montevecchio dalla produzione al deserto. Il vecchio tessuto produttivo sardo, inquinamento e tentata rivalutazione della storia industriale della nostra isola.

_Ore 13.00 Incontro con gli agricoltori di Villacidro e S.Gavino: Economie da difendere, alternative utili contro il furto della terra e il neo-estrattivismo. 
Pranzo al sacco.

_ Ore 17.00 San Gavino (sede da confermare)
A FORAS incontra il COORDINAMENTO DEI COMITATI SARDI e la RETE SARDA IN DIFESA DELLA SANITA’ PUBBLICA con i seguenti temi:

1) Il nuovo progetto di metanizzazione della Sardegna: le ragioni economiche e politiche di questa nuova servitù. Inquadramento geopolitico dell’opera, gli interessi Ue/Usa/Qatar e il collegamento con le altre vertenze territoriali, dal Mater Olbia in poi.
Fermare gli espropri, non regaliamo la nostra terra!

2) Porre le basi per un’assemblea generale sarda in Difesa della Terra: non solo ambiente, non solo basi militari, non solo sanità. Immaginare dal basso un modello contro l’impoverimento e l’emarginazione dei territori. Contributi dei comitati territoriali per partire dai bisogni delle popolazioni e ribaltare la politica dei ricatti.
A Foras – Contra a s’ocupatzione militare de sa Sardigna
Coordinamento Comitati Sardi
Kenemèri AssCult
Rete Sarda Difesa Sanita’ Pubblica
Zero Waste Sardegna

 

 

STORIA, CULTURA e LINGUA della SARDEGNA

 

STORIA, CULTURA e LINGUA della SARDEGNA

INCONTRO-DIBATTITO SULL’ACCOGLIENZA

MA QUALE ACCOGLIENZA…

ALLA DERIVA: l’altra faccia della politica stragista dell’Unione Europea

La ferocia con cui l’Unione Europea reprime i flussi migratori è pari forse solo alla sua ipocrisia. Ogni mezzo sembra lecito, e ogni alleato possibile: regimi criminali, come quello di Erdogan in Turchia, e milizie di tagliagole, come quelle libiche e sudanesi, vengono apertamente finanziate per imprigionare, derubare, deportare, rapire, stuprare, ridurre in schiavitù, lasciar morire ed uccidere. Se da un lato l’UE applica apertamente e senza vergogna le sue politiche stragiste, dall’altro lato “accoglie” i sopravvissuti che riescono a raggiungere il suo territorio con un infernale groviglio di norme vessatorie, pensato apposta per mantenerli in una costante condizione di ricatto e precarietà.

Nei due precedenti incontri della serie “alla deriva” ci siamo occupati delle ragioni per cui le persone sono costrette ad abbandonare i loro paesi di origine, dei viaggi spaventosi che devono affrontare e degli ostacoli al loro salvataggio; questo terzo incontro è invece dedicato a quel che li attende al loro arrivo: la cosiddetta “accoglienza”.

Tutti i migranti, sia quelli che si trovano in Italia ormai da molti anni, sia quelli appena arrivati, si trovano ogni giorno a combattere con una normativa ostile e con l’arbitrio di chi sarebbe delegato ad applicarla.

I cittadini non-UE che si trovano in Italia da tempo, che siano o meno in possesso di un regolare titolo di soggiorno, vivono spesso sotto ricatto, condizionati dall’assillante necessità di ottenere o rinnovare l’agognato “permesso di soggiorno”. Altrettanto travagliata è l’esistenza degli ultimi arrivati, destinati per lo più a rientrare nell’ampia categoria dei “richiedenti asilo”. Nell’attesa che la loro situazione venga definita, si trovano spesso ad essere “ospiti” per mesi (almeno sei) o anni (anche tre) in uno degli innumerevoli “centri di accoglienza” (ordinari e straordinari) sparsi nel territorio.

In Sardegna si tratta per lo più di strutture turistico-alberghiere fatiscenti e in disuso, spesso localizzate in zone remote, isolate e difficili da raggiungere. La gestione è tanto eterogenea quanto lo sono le strutture utilizzate: ci sono grosse organizzazioni lucrative che operano su scala nazionale, mentre una miriade di nuovi soggetti si improvvisano e si lanciano in questa nuova attività in grande espansione. Moltissimi gestori forniscono servizi ridotti e scadenti rispetto alle convenzioni stipulate (mancano spesso vestiti, lenzuola, coperte, assistenza medica e legale, articoli necessari per la cura e l’igiene etc.), nel tentativo di minimizzare le spese e realizzare un miserabile profitto col “business dell’accoglienza”.

In questo quadro già fosco, ad aggravare la situazione, è in via di relizzazione a Macomer un nuovo campo di prigionia per migranti, finalizzato alla cattura e alla deportazione degli “irregolari”: si tratta di uno dei nuovi CPR (Centri per il Respingimento) istituiti pochi mesi fa dal Ministro dell’interno, il sinistro Minniti.

 

I governi dell’Unione Europea sanno di aver bisogno dei migranti per tenere in piedi le loro traballanti economie: hanno bisogno di quel flusso di manodopera per ragioni demografiche, sociali ed economiche. Quello che chiamano “accoglienza” è in realtà uno spietato sistema di selezione, per separare la componente “utile”, da avviare allo sfruttamento in condizioni di ricatto e subalternità, dalla componente “indesiderabile”, da emarginare, illegalizzare, possibilmente espellere.

In questa difficilissima situazione, lottare per la libera circolazione e il rispetto delle persone è tanto complicato quanto necessario.

Proponiamo questo incontro per provare a chiarirci le idee sul groviglio di norme in vigore, sulla loro interpretazione e applicazione, e sull’intricato sistema di centri privati in cui l’accoglienza, lo sfruttamento e la detenzione si sovrappongono e si confondono in un’oscena “zona grigia”. Conoscere a fondo questa macchina infernale è necessario, per smontarla o almeno per provare a gettare un po’ di sabbia nel motore.

INCONTRO-DIBATTITO SUL TEMA:

NEL LABIRINTO DELLA COSIDDETTA “ACCOGLIENZA”,
ASPETTI LEGALI E ORGANIZZATIVI,

PROSPETTIVE DI LOTTA E DI RESISTENZA

INTERVERRÀ L’AVVOCATO MICHELE SATTA SUGLI ASPETTI LEGALI E
LE RECENTISSIME NOVITÀ INTRODOTTE DAL “DECRETO MINNITI”

Biblioteca Autogestita di Zarmu (BAZ)
Cagliari via San Giacomo 117
21 dicembre 2017 – ore 18:00

NATO…GASDOTTI E RIGASSIFICATORI – di Antonello Boassa

L’Italia dello stivale e delle isole limitrofe ha bisogno di fonti energetiche che non siano impregnate di scivolosi liquami o di flatulenze che provengano dall’Orso russo che, si sa, vuole abbeverare i suo car  armati a Bruxelles.
Di contro al furore bellico che ci giunge minaccioso dall’oriente è bene che ci tuteliamo negli approvvigionamenti in modo da rimanere indipendenti.
Ragion per cui pare ai nostri capoccia europeisti indispensabile rifornirsi di gas dai vicini States e dagli ancor più vicini giacimenti dell’Azerbaijgian. Dico indispensabile ma in effetti non hanno deciso loro, povere pedine come sono di un gioco molto più grande di loro. La stessa imperatrice del vecchio (vecchio sul serio) continente, Angela Merkel, infiacchita dai suoi successi ordoliberali che minacciano ora il suo stesso Paese,
deve ormai inchinarsi davanti al suo Padrone che diventa sempre più assoluto, sebbene sia in fatale agonia.

La Nato, da decenni ordinatrice prudente e velata dello status germanico-europeo, ha definitivamente sciolto gli ormeggi.
E ha finalmente annesso l’Europa 1). Fortezza Europa non solo per la temeraria invasione dei facinorosi brutti,sporchi e cattivi ma anche dal punto di vista militare.
A dicembre, come annunciato dalla solerte ministra di guerra Roberta Pinotti, nascerà infatti la Pesco(cooperazione strutturata permanente) dell’Unione Europea nel settore militare 2), dipendente(è il caso di dirlo ?) dai vertici militari della Nato e veri capi politici dell’Occidente, sempre statunitensi.

Un’Europa che spende miliardi di dollari per gli armamenti e fonda gran parte della sua crescita sulla produzione di strumenti di morte si avviluppa in un’ideologia guerresca che la costringe a rifiutare il commercio e l’amicizia politica con i Paesi che “sono dall’altra parte”(Siria, Iran, Venezuela…) e a prepararsi ad una forma di autarchia, seppure in salsa globale.

E’ una preparazione alla guerra. Da una parte gli amici (Israele, Arabia saudita, Stati Uniti ovviamente, Gran Bretagna…)
Il gas perciò che poteva arrivarci dai Balcani e dall’Ucraina devono essere stoppati, per non parlare di quello iraniano, come si sa potenza terroristica, come affermato dalla credibile dirigenza sionista.

Che il gas sia considerato strategico anche dal punto di vista militare lo si è potuto constatare in Puglie nell’area tra Meledugno e la marina di San Foca. Due chilometri di recinto rinforzato(blocchi di cemento, griglia metallica, filo spinato sulla sommità) delimitano l’area dei lavori. Le zone adiacenti saranno presidiate e chiuse con otto cancellate. Centinaia di agenti di polizia creano tra l’altro un clima grave di tensione. Per gli abitanti sembra di essere in guerra. La popolazione non può avere accesso, neanche i proprietari dei terreni ( se non dietro autorizzazione apposita). L’ordinanza prefettizia, durissima con uno stile che ricorda i “vecchi tempi”(“territorio nelle disponibilità della polizia”)3) evidenzia come si intende operare in Puglie in modo non dissimile dall’eroica resistenza dello stato nella costruzione della TAV contro i terroristi valsusini.

La TAP(Trans Adriatica Pipeline), multinazionale formata dai giganti del settore (la Snam è presente con un 20%) arriva in Italia dopo aver percorso 3.500 Km., approda sotto la spiaggia di San foca presso Medelugno, vicino a Lecce. A nove Km dalla costa dovrebbe essere realizzato il terminale di ricezione che permetterebbe il collegamento con la rete nazionale.
Oltre al disastro ambientale (estirpati centinaia di ulivi) con vicina spiaggia bandiera blu, voglio ricordare che studi recenti hanno evidenziato “rischi estremamente rilevanti” per la formazione di miscele altamente esplosive nei terminali del gasdotto.
Tralascio di parlare del malaffare che accompagna tale progetto a partire dall’Arzebaijgian per arrivare alle cosche locali mafiose con la benedizione dei politici. Malaffare che pare sia sbarcato tenebroso anche a Malta.

Ma la popolazione ha reagito. Cortei lungo le vie cittadine a Lecce, contestazioni al Rettorato dove comiziavano i vari Soloni e naturalmente pestaggi presso il cantiere.
Messaggi di solidarietà dai NoTav per evidenziare i pericoli sul piano ambientale e sulla sicurezza, i danni economici nell’area interessata, nonché la scarsa lungimiranza del progetto.

Credo che all’ordine del giorno sull’affaire rigassificatore non sia la formazione di un’equipe costituita da esponenti dell’ISgas e delle cooperative rosse, da esperti in termini di valutazione ambientale e di sicurezza che vogliano valutare i rischi di “incidente rilevante”. Credo piuttosto che all’ordine del giorno sia la militarizzazione dell’area, con annesse forze di polizia e strumentazioni dissuasive. Come isolare la costruzione dai terroristi, quanti km quadrati devono essere resi inaccessibili, come rendere mediaticamente utile e sicuro il progetto.
Naturalmente sindaci dell’area metropolitana, Presidenza della Regione, giornali e televisioni e partiti locali non sardisti dovranno dare un contributo fattivo alla valorizzazione del progetto che restituirà competitività alle aziende sarde e alleggerimento dele spese per la bolletta del gas per i cittadini dell’area metropolitana e della Sardegna tutta(404 km. di rete).

Uno scempio di proporzioni immense è auspicato perché l’Europa lo vuole. Poco importa che uno straordinario compendio naturalistico come quello dell’oasi lagunare di Santa Gilla vada devastato con la perdita di un enorme patrimonio di vegetazione. Poco importa che una ricca avifauna vada dispersa. Poco importa che il borgo antico del villaggio dei pescatori, il polo industriale di Macchiareddu e la stessa area metropolitana siano a rischio rilevante.
Il porto commerciale, adibito al traffico passeggeri , al diportismo e al crocierismo e il porto container con un accesso in media di venti/venticinque navi al mese avranno da guadagnarci dall’arrivo delle gasiere proprio su una banchina del porto canale (tutti i lavori dovranno essere fermati per almeno 15 ore e la crisi attuale invece di essere scongiurata a causa della concorrenza con Tangeri sarà vieppiù accentuata)?
No, di certo. Senza dimenticare che una tale promiscuità di traffico non depone favorevolmente sulla sicurezza della navigazione. Abbiamo dimenticato l’orribile incidente nel porto di Livorno, la collisione tra la Moby Prince e la nave Agip Abruzzo e i più di cento morti?

Gli sponsor del progetto faranno di tutto per dimostrare non solo l’utilità per la Sardegna del rigassificatore e degli impianti, tra cui 18 silos con una capienza complessiva di 20.000 metri cubi di gas liquefatto( GNL)…magari trascurando di dire che di tale energia ben poco rimarrà nell’isola, pontificando che Barcellona con i suoi 450.000 metri cubi a ridosso della città non ha mai avuto problemi e che nulla ha da preoccuparsi.

Bisogna opporsi a questo progetto per ragioni ambientali e di sicurezza ma anche perché le motivazioni economiche non risultano convincenti. Il quadro concettuale entro il quale tale scelta di politica economica si inserisce è antiquato, conservatore. Come se si volesse investire nel treno a carbone invece che nel treno ad alta velocità (in Sardegna potremmo accontentarci di un normale e regolare servizio ferroviario).
Non sarebbe più utile investire nell’energia alternativa, fotovoltaica, geotermica, solare, eolica, idraulica… come sta facendo la Cina che usa ancora il carbone ma che è anche la nazione più avanzata nel settore dell’energia alternativa, preparando cioè il suo futuro energetico. Futuro molto più rassicurante.

Antonello Boassa

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