Tamquam non esset. L’incredibile vicenda di un ricorso al TAR che forse sta per concludersi.

di Andrea Degiorgi
E’ stato necessario chiedere una sentenza di ottemperanza al TAR della Sardegna perché l’Ufficio Scolastico Regionale desse esecuzione, dopo oltre due anni, alla sentenza emessa l’11 maggio 2011 dallo stesso Tribunale.
E’ possibile che un organo dello Stato non dia esecuzione ad una sentenza di un Tribunale, anche quando questa è “passata in giudicato” ossia diventata definitiva e inoppugnabile? In linea teorica sarebbe illegittimo, ma è quanto ha fatto, e per ben tre anni di seguito, l’Ufficio Scolastico Regionale della Sardegna.
La vicenda riguarda un gruppo di docenti, nonché genitori e allievi, che sono stati costretti a ricorrere al TAR Sardegna per ottenere il ripristino di otto cattedre cancellate improvvisamente da un anno all’altro dall’organico di diritto per un’applicazione distorta del riordino dei piani di studio negli Istituti superiori.
C150: questo il codice dell’insegnamento di Esercitazioni di portineria e pratiche di agenzia, materia prevista nel piano di studi del corso ITER preriforma e cancellato d’improvviso dall’organico di diritto di otto istituti tecnici su nove della provincia di Cagliari. Solo in un Istituto Tecnico, esattamente all’Istituto Besta di Cagliari compariva la cattedra come gli anni precedenti. Motivo evidente quanto assurdo: in quella scuola c’era un titolare di ruolo, nelle altre scuole insegnavano supplenti, più una docente di ruolo in altra provincia.
Il criterio usato dal MIUR era chiaro: il posto veniva autorizzato solo dove c’era un docente titolare, ma soppresso in tutte le altre scuole, in virtù di un’interpretazione arbitraria del riordino dei cicli (quella riduzione d’orario e di tempo scuola generalizzata che è nota in Italia con l’eufemismo governativo di Riforma Gelmini, complemento della riforma Moratti della scuola dell’obbligo). Peccato che le tabelle applicative di quella riduzione d’orario non citassero la soppressione di quella cattedra. Che infatti veniva mantenuta nell’Istituto dotato di un titolare.
I docenti che si erano visti cancellare il posto di lavoro senza una ragione convincente, hanno ricorso al TAR, con il sostegno dei COBAS e il patrocinio degli Avvocati Gianmarco Tavolacci e Rosanna Patta, ottenendo subito, sin dal settembre 2010, la sospensiva del provvedimento censurato (espressione con cui si intende che il TAR, prima di pronunciarsi nel merito del ricorso, accoglie subito il ricorso perché sarebbe tardivo aspettare la sentenza di merito: in questo caso non si poteva ripristinare l’insegnamento ad anno inoltrato o addirittura concluso).
Nonostante il pronunciamento del TAR fosse confermato dal Consiglio di Stato (cui il Ministero era ricorso inutilmente per chiedere la riforma dell’ordinanza di sospensiva), l’Ufficio Scolastico Regionale inizialmente non dava esecuzione all’ordinanza; e quando finalmente, dopo molte lettere di diffida, ne dava esecuzione, ripristinava le cattedre in organico di fatto anziché in organico di diritto, come invece recitava la sentenza. A quale scopo? A quanto è dato capire, per non aumentare i posti disponibili per i trasferimenti e per risparmiare sui contratti dei supplenti, che venivano stipulati (illegittimamente) sino al 30 giugno anziché sino al 31 agosto.
Con ciò i ricorrenti erano costretti a ricorrere nuovamente al TAR per impugnare il provvedimento di esecuzione maldestra dell’ordinanza, e nella sentenza del maggio 2011 ottenevano piena ragione. Con condanna del MIUR alle spese. Ma l’Ufficio, nonostante le richieste, le notifiche, le diffide, i colloqui fatti dai rappresentanti dei cobas e dai ricorrenti, non dava esecuzione alla sentenza. Tamquam non esset. La maggioranza dei supplenti restava con il contratto al 30 giugno e la docente fuori provincia non otteneva il trasferimento a Cagliari perché la cattedra non era stata ripristinata in organico di diritto, su cui vengono effettuati i trasferimenti.
L’anno successivo, il 2011-12, la situazione si ripete: le cattedre di C150 non compaiono in organico di diritto, i docenti e gli studenti ricorrono al TAR, il ricorso viene accolto prima con la sospensiva e poi nel merito. E l’Ufficio, dopo molto tergiversare, ripristina le cattedre in organico di fatto, i docenti ricorrono per motivi aggiunti. Arriva la sentenza di merito a fine anno, ma nulla si muove. Per l’Ufficio Scolastico.
Terzo anno, 2012-13: , come in un film dell’assurdo, la situazione si ripete ancora identica e i colleghi ricorrono nuovamente al TAR, il quale nuovamente accoglie il ricorso. Ma l’Ufficio mantiene la medesima strategia: ritardare l’esecuzione dell’ordinanza, ripristinare le cattedre in organico di fatto (con i colleghi costretti a ricorrere nuovamente per motivi aggiunti) e restare inerti dopo la pubblicazione della sentenza di merito.
A questo punto, i ricorrenti, sempre sostenuti dai Cobas Sardegna e dagli avvocati Tavolacci e Patta, chiedono al TAR una sentenza di ottemperanza, per costringere il Ministero a dare esecuzione perlomeno alla prima sentenza del maggio 2011, relativa all’anno scolastico 2010.11: il TAR accoglie integralmente il ricorso, condanna il Ministero nuovamente alle spese e a questo punto, l’Ufficio Scolastico finalmente dà esecuzione alla sentenza, trasferendo la collega da fuori provincia e integrando i contratti ai supplenti sino al 31 agosto. Ma, nonostante i termini perentori stabiliti nella sentenza del TAR, l’Ufficio ancora, non ha pagato. Tanto i soldi, li hanno messi i lavoratori per lo più disoccupati, per ottenere un posto di lavoro che gli sarebbe spettato di diritto.
Intanto però il ricorso ha avuto un’altra conseguenza. Nell’organico di diritto 2013-14 pubblicato il 28 giugno i posti di C150 erano cancellati (tranne due, perché ora i colleghi di ruolo sono diventati due, per il trasferimento da altra provincia ottenuto con tre anni di ritardo), e i docenti hanno dovuto ricorrere al TAR per il quarto anno consecutivo. Ma questa volta, qualche giorno prima dell’udienza del 31 luglio, l’Ufficio ha ripristinato i posti di C150. Per quest’anno (dopo soli otto ricorsi al TAR e uno al Consiglio di Stato) cessa la materia del contendere, mentre restano in sospeso le esecuzioni corrette delle sentenze 2012 e 2013.
Questa vicenda potrebbe essere istruttiva per tutti (per tutti coloro che hanno interesse alla cosa pubblica) perché insegna molto. Ma sulle molte morali della storia, tornerò un’altra volta.