Doddore – di Gian Luigi Deiana

DODDORE
(sciacalli in corsa, per una morte che non muore)

in queste ore è capitato a me come a molti (virtualmente tutti i sardi, in quanto la notizia della morte di doddore meloni è riportata nelle prime pagine) di cercare un punto di equilibrio tra lo sgomento personale e le liquidazioni d’ufficio;

nella condizione della morte lo sgomento è sempre di difficile significato: è dato da una morte che non vuole morire, e che “non deve” morire; quindi per quanto mi riguarda questo sgomento durerà, perché deve durare: e penso che per tutti noi dovrebbe essere così, anche a prescindere dal corpo che ne è stato sopraffatto e dalle strade della sua vita;

nella condizione di una morte come questa le liquidazioni d’ufficio sono sempre d’obbligo e ricopiano sempre un protocollo da obitorio, quello del referto medico e quello del referto giudiziario: la cartella del giudice si chiude con lo stesso secco rumore delle casse refrigerate: è un modo di organizzare le cose, finalizzato essenzialmente a che le cose continuino a essere organizzate così e la chiusura della cassa sia la fine della domanda: perché avete fatto questo?

fin qui ci siamo: ma a che titolo vengono rilasciate dichiarazioni da parte di vacue figure politiche, in genere mezze calzette di espressione pd, sulla vicenda di doddore meloni? che senso ha deviare la questione essenziale (il fatto che sia morto di carcere in soli sessantasei giorni, a sangue freddo e per futili motivi) adducendo rilievi sciocchi sul suo modo di prendere la vita, la società e la politica? che senso ha affermare in una pubblica dichiarazione che gramsci sì era un prigioniero politico, ma doddore meloni no? e se io dicessi che tutta la sardegna è da trecento anni un prigioniero politico, che senso avrebbe disseppellire l’immaginetta di gramsci o chi per lui, da parte di questi qui?

la repubblica italiana è dotata di una costituzione che impegna le sue istituzioni a che ogni soggetto possa disporre di tutti gli strumenti per la libera espressione del suo pensiero: ogni soggetto, non solo gramsci, o mandela o pantani: ogni soggetto, ivi compresi i sardi allorquando si schifano di far parte di uno stato come questo, uno stato che ha il coraggio di tutto, dal fare leggi razziali al non abiurale mai, di tutto meno che di fare il conto dei conti in sospeso;

sarebbe inutile qui fare questo conto, non perché non basti la spazialità della registrazione elettronica, ma perché è del tutto inutile ragionare con asini politici;

qui è necessario partire dalla risoluzione carceraria, e non raramente anche dalla risoluzione omicida, su domande a cui l’asineria politica crede di non dover rispondere mai: ricordate l’asino beppe pisanu, ministro plenipotenziario e teorico del teorema dell’anarco-insurrezionalismo? dove è finito costui e dove è finito il suo teorema? quanta gente e quante famiglie hanno avuto rovinata la vita per questo asino elevato al quadrato?

la politica italiana, come tante altre, è in mano a degli asini; ma gli asini più elevati al quadrato sono gli asini italiani sardi: e beppe pisanu ne è l’esempio più recente; ma che ne dite di cossiga? che ne dite della giostra giudiziaria della vicenda arcadia? che ne dite del caso bellomonte? che ne dite del caso piliu? e se proprio vogliamo uscire di qui, che ne dite di valpreda, di pinelli e viceversa delle stragi di stato e degli assassini di giornalisti e delle archiviazioni dopo anni di vilipendio delle vittime e di menzogne al popolo italiano?

bene, qui inizia il problema delle menzogne al popolo sardo.

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