MORIRE E’ UN PO’ PARTIRE (un fiore per i defunti di tempio pausania e per la morte di manlio brigaglia)

a volte si è testimoni di strane combinazioni, e quella che oggi mi sento in dovere di riportare è determinata da due cose che hanno a che fare con la morte, e che come tali devono poter essere parlate anche con una leale ironia;

quando ho sfogliato il giornale l’unione sarda, stamattina davanti al mare con la fretta di chi ha altro da fare, mi sono imbattutto sull’emergenza cimiteriale di tempio pausania, laddove si dice che tutti quei morti che non hanno onorato la quota di alloggio del proprio loculo saranno sfrattati dal condominio loculare e messi tutti giù per terra;

messa così, credo che un sacco di gente possa avere da buttarla in sociologia, tipo: “ecco qua, i ricchi con vista sul limbara e i poveri negli interrati”; ma in realtà dal mio punto di vista è proprio il contrario, nel senso che la mia “ultima” aspirazione verte proprio su questo punto dell’umano destino: solo questo, non voglio cemento su questo mio corpo, desidero solo “due metri di terreno” e per soli sette anni soltanto; e se fosse possibile, come dice il poeta, cercatemi un albero giovane e forte, quello sarà il posto mio;

io vivo in un paese nel quale fino alla vittoria delle sepolture avanzate, appunto i loculi, tutti quanti andavano a dormire quel sonno come a spoon river, e anche senza epitafi; in compenso erano allietati quasi ogni giorno dai bambini che saltellavano tra i tumuli tra i rimbrotti delle zie che portavano fiori e ogni tanto da una frana nel muro di sotto che sconquassava qualche tomba riportando le tibie alla luce del giorno;

poi è arrivato il condominio a quattro piani, il quale avrebbe soddisfatto la distribuzione degli spazi in virtù della stratificazione dei vani in altezza; la situazione di tempio pausania, come quella di ardauli, dimostra che questa è una sciocchezza tutta da ridere se non si trattasse di giardini consacrati al pianto: infatti in cimitero, come negli uffici tecnici deputati, vige la regola del silenzio che tace su questo piccolo particolare:

se tu vieni messo a dormire in terra puoi avere soltanto una coperta di legno, e non anche un lenzuolo di acciaio; se non la meni lunga su una titolarità di novantanove anni, sette anni ti bastano e avanzano per quel tipo di letto, poi lasci comunisticamente il posto a nuovi passeggeri, esattamente come nel tram, e alla fine c’è sempre posto per tutti e anche qualche posto di lavoro per il tramviere; se invece ti ostini a pretendere di dormire ai piani alti o proprio nell’attico, allora tutto il corredo con inox e saldature diventa più complicato e non ti si può buttare giù dal letto prima di trent’anni: per di più quest’ultima è una opzione costosa, sommamente antiecologica ecc., e la quota di affitto resta stabile negli anni mentre la quota di affetto dei tuoi eredi che vi devono provvedere non è detto che resti altrettanto puntuale;

io sono persuaso che curare i propri cari anche quando essi sono di là sia una cosa importante per il proprio cuore; ma sono anche persuaso che la cura non necessiti di dimore cementificate e durature; mio padre è in terra dalle parti di viterbo e mia madre è ad ardauli, purtroppo in un loculo visto che la testa dei paesani da questo punto di vista è una testa di marmo e nel tempo è stata marmificata tutta la terra cimiteriale stessa; ma io quando vado da mio padre porto un pugno di terra di qui, e quando torno ne porto di quella a mia madre, e questo è tutto;

con questo, supponendo che comunque ogni essere vivente abbia una specie di anima capace di varcare ogni sbarramento materiale, il trasloco anche del corpo dal chiuso all’aperto previsto nel cimitero di tempio per i defunti morosi (si direbbe: gli estinti inestinti) sono certo che verrebbe “vissuto” (?) dagli interessati con grande sollievo e allegria;

allegria, appunto: e chi più allegro di lui, l’indimenticabile mike bongiorno portato per giorni a spasso in autostrada per mezza italia dopo essere stato prelevato dalla sua fine delle trasmissioni per opera di una banda di squinternati in cerca di un riscatto? del resto, non lo stavano mica mettendo in pericolo di morte;

caro manlio brigaglia, immagino che in queste ventiquattro ore tutti trovino una ragione per parlare di te con lodi o irriverenze, sincerità o millanteria; io trovo solo che da buon tempiese sei passato dall’altra parte proprio nel giorno di questa buffa questione del trasloco dei morti, al tuo paese; ma morire è un po’ partire: buon viaggio, come che sia

Gian Luigi Deiana

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