RELIGIONE: L’ESSENZA E LE FORME (“the bloody church of england in chains of history”) di Gian Luigi Deiana

RELIGIONE: L’ESSENZA E LE FORME

(“the bloody church of england in chains of history”)

di Gian Luigi Deiana

 

Ieri notte ho scritto una considerazione mentre aprivo la finestra prima del sonno; riguardava la religione ed era casualmemte scaturita da una conversazione al bar; la conversazione era terminata inconclusa, come sempre in questo tema, per il carattere  composito della religione stessa.

Ora provo a reimpostare l’argomento in modo più chiaro, se dio vuole (!)

Poco meno di duecento anni fa un importante filosofo, tale L.F., pubblicò un libro intitolato appunto “L’ESSENZA della religione”; e poco più di cento anni fa un altro importante filosofo, tale E.D., ne pubblicò un altro intitolato “LE FORME elementari della vita religiosa”.

Questi due titoli offrono la comodità di una dualità oppositiva e di qui due distinte linee di ragionamento: l’essenza della religione, cioè la sua ragione psichica profonda è una, le forme della religione, cioè le “confessioni” religiose vere e proprie, sono svariate; l’errore fatale consiste nel trascurare questa semplicissima distinzione.

Nella conversazione del bar io ero preso da una mia annosa insofferenza per l’ateismo, sia dogmatico che popolare, e ora cerco di spiegare che c’entra.

L’ateismo è in genere un atteggiamento, e talvolta una dottrina, perennemente all’erta contro la religione, la religione in senso lato: ma considerare la religione in senso lato significa appunto trascurarne il carattere composito e procedere con la confusione fondamentale: l’ateismo usa muovere guerra alle “forme” storiche della religione dando a intendere che la religione è malata nella sua “essenza”.

Bene, io penso che la religione nella sua “essenza” sia una delle poche cose vivicanti e sane della condizione umana oggi; non riesco nemmeno a immaginare la situazione di un mondo popolato da sette miliardi di esseri umani religiosamente vuoti e integralmente votati al nichilismo, questo modernissimo nichilismo dettato oggi dal funzionamento automatico dei mercati, dalla riduzione di individui e di intere società a codici a pin e dal depauperamento generale delle relazioni umane.

Ora, l’ateismo non è l’opposto conclamato della religione, è invece e soltanto l’opposto conclamato del teismo; ma non tutte le religioni sono teistiche, il che rivela che l’esito storico di tipo teistico è per una religione solo “una” possibile e non necessaria risultanza “formale”, che viene a costituirsi come “confessione” religiosa particolare ovvero come “chiesa”.

E’ storicamente vero il fatto che le religioni proprie di grandi popoli, o di grandi coesioni tribali o di grandi nazioni, abbiano sempre finito per assumere una caratterizzazione teistica, quindi sacerdotale, quindi dogmatica; ma questa è appunto una caratterizzazione storica, una configurazione di forme, un derivato fattuale, non affatto una essenzialità.

Poichè la religione è nella sua ragione profonda un intruso ‘spirituale’ connaturato alla psiche l’ateismo, incapace di spiritualità e disturbato dalla sua presenza,  ne va a caccia senza tregua: e tuttavia si ritrova nel suo mirino sempre e solo i travestimenti  corporei della modalità religiosa, cioè le credenze, i teismi e le chiese, ovvero le sue forme confessionali; ma mentre confligge contro le forme “confessionali” della religione, crede e fa credere di confliggere contro la scaturigine profonda della religione stessa, il radicamento del sacro, contro cui in realtà non può nulla.

Questa perenne ricorrenza ci impone di distinguere fra il concetto di religione e il concetto di “confessione religiosa”; infatti si può essere integerrimi da un punto di vista confessionale ed essere assolutamente vuoti da un punto di vista religioso: anzi è quasi sempre così, come dimostra il fatto che tutte le chiese sono edificate su sepolcri imbiancati (cit. Gesù di Nazareth).

Ma l’essenza del sacro è un’altra e non è talmente solitaria ed eccezionale da poter essere ridotta nei recessi oscuri del misticismo (che pure costituisce una componente importante della spiritualità); io ritengo che il sacro, o la distinzione sacrale nella condotta, sia un retaggio psichico anteriore a qualunque dio, a qualunque dichiarazione di fede e  a qualunque chiesa: questo è il punto.

L’esempio più coinvolgente per me sulla essenza del sacro è quella che gli indiani nativi canadesi chiamano la “preghiera della morte”: riguarda la pausa di rispetto che il lupo osserva quando l’animale da lui inseguito, esausto, si è arreso; il lupo non lo attacca subito, come imporrebbe la sua necessità; ambedue gli animali si fermano, e si fermano, secondo la visione dei nativi di quei luoghi, come in preghiera.

Questa è l’essenza della religione.

 

(i filosofi citati con le iniziali sono Ludwig Feuerbach ed Dmile Durkheim)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *