RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI – Foibe: la contabilità della guerra italo-jugoslava

RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI – Foibe: la contabilità della guerra italo-jugoslava

di Gian Luigi Deiana

 

Le foibe, che come tali sono una tragedia storica, nella propaganda di divisione diventano splatter.

A volte gli autori sono opinionisti spudorati o accademici disonesti, altre volte leader politici, ma altre volte purtroppo sono figure istituzionali.

Poichè vale la regola che è stupido ricordare senza conoscere, e che è da disonesti conoscere senza capire, se si vuole evitare la degenerazione in splatter è necessario che si mettano in ordine le cose che conosciamo, quelle che abbiamo trascurato di conoscere e quelle che facciamo finta di conoscere senza conoscerle affatto.

In questo specifico compito riguardante l’immaginario sulle foibe, elevato in forma di giornata nazionale del ricordo, dobbiamo includere una precondizione: le responsabilità dell’Italia sono integralmente dell’Italia e quelle della Jugoslavia sono integralmente della Jugoslavia: infatti, se gli uni se ne scaricano asserendo che i propri delitti erano responsabilità del fascismo ma non dell’Italia, e gli altri che i loro delitti erano responsabilità del comunismo ma non della Jugoslavia non si può fare discorso alcuno.

Quindi, come base di partenza, a ciascuno il suo, integralmente.

In secondo luogo ogni giudizio storico, in quanto base della memoria collettiva, non può permettersi di trascurare la “misura”: la misura dei delitti, la misura dei giustificazionismi e la misura dei negazionismi.

La misura dell’Olocausto, la misura di Hiroshima, la misura di Dresda, la misura di Cassino, la misura delle foibe, ecc., presentano dimensioni diverse.

Assolvere Hiroshima può essere sbagliato come negare l’Olocausto, ed equiparare Basovizza ad Auschwitz è certamente delinquenziale.

Passiamo a ciò che conosciamo per certo.

1: È stata l’Italia a invadere la Jugoslavia e a farne ricadere gli effetti sulla popolazione civile (campi di concentramento, deportazioni, saccheggi ecc.) e non viceversa: non bastando questo, la jugoslavia fu invasa anche dalla germania, e non viceversa.

2: Molti paesi subirono una simile sorte, e in genere quando ne vennero fuori furono liberati per un concerto di campagne militari multilaterali, ma la Jugoslavia fu praticamente l’unica nazione europea a liberarsi da sola, e solo per la resistenza partigiana: chi dimentica questo sputa su un grande liberatore europeo dal nazifascismo; grande, eroico e di valenza europea, il cui nome per la storia è “Tito”.

Passiamo ora a ciò che si sa ma che trascuriamo di conoscere o facciamo finta di non sapere.

3: Per ragionare sulle composizioni etniche delle terre di confine negli anni dell’occupazione italiana in Jugoslavia, 1941-1945, (italo-slovene e italo-croate) non si può sottacere il fatto che tutti questi territori erano regioni dell’impero austriaco fino al 1918, e che a far testo in maniera oggettiva sulle componenti etniche si deve far capo ai censimenti della popolazione.

4: Tra il 1918 e il 1940 vi furono certamente interventi polizieschi e discriminazioni amministrative tese ad alterare la composizione etnica reale, ma questo processo si chiama “italianizzazione” e fu compiuta da governi italiani a danno delle comunità slave per il tramite di espulsioni, imposizioni linguistiche e italianizzazione forzata dei cognomi persino sulle lapidi dei cimiteri.

Passiamo ora a ciò che non si sa ma facciamo finta di sapere e facciamo di tutto per evitare che sia appurato.

5: Chi ha visto il film 1917, uscito recentemente nelle sale di tutto il mondo, può fare mente locale su una condizione che sappiamo tutti: che in guerra si muore in massa e che, se il fronte si muove, l’ultimo dei problemi è lo smaltimento dei cadaveri. 

Una foiba vale esattamente come una palude o un fondale o un burrone o un campo di neve. 

Ma allora da cosa nasce l’orrore? Nasce  dall’oscura evocazione che invece che i morti vi fossero gettati i vivi, ma questo, plausibile allora come strumento di terrore, non è verificabile e nemmeno plausibile ora rispetto ai numeri ipotizzati; e del resto decine di vivi ogni mese sono lasciati alla pietà dei fondali mediterranei senza che ciò sconcerti nessuno.

6: Teoricamente potremmo quindi ipotizzare un numero attendibile di corpi, generalmente cadaveri o parti mutilate, sia umani che animali, gettati nelle cavità carsiche come nelle crepe calcaree insieme a residuati di guerra di ogni tipo e per di più su resti di già presenti risalenti alla guerra precedente, quella del 1915-18.

7: Una traduzione minimamente attendibile di questa immaginaria ricognizione, in realtà da sempre ferma agli inizi, dovrebbe necessariamente essere riportata ai dati di censimento, ai registri dei dispersi e degli scomparsi e ai registri militari, anzi dovrebbe dipendere da questi: ma non lo si fa e quindi bisognerebbe chiedersi perchè i censimenti e i registri siano silenziati, e infatti è per questo che le cifre riportate dai primi ricognitori (per esempio le truppe neozelandesi in slovenia) e i più esagerati ipotizzatori (alcuni storici italiani) svariano da poche centinaia a molte migliaia: per questo, perchè questa ricerca, che Slovenia e Croazia sono ufficialmente disposte a fare, l’Italia non la vuole fare.

8: Siamo quindi davanti a una soglia pressochè imponderabile.

Ma se potesse essere ponderata ci troveremmo, appena al di là di quel numero fatale, davanti a un compito forse ancora più improbo. 

La computazione dei danni di guerra, di fronte a interlocutori (Slovenia e Croazia) che semplicemente dicono da quei giorni all’Italia: noi siamo pronti a pagare i nostri debiti, così come voi dovreste essere pronti a pagare i vostri.

Tutto questo è oggi, dal punto di vista di uno il cui padre è stato mandato come soldato della cavalleria italiana nel territorio occupato di Karlovatz all’età di diciannove anni, tutto questo e non altro è il “giorno del ricordo”: mai più.

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