L’Invalsi non può “valutare” i docenti, ecco il perché

invalsi

di Marco Barone

Quella che ora commento è la terza sentenza che entra nel merito della questione prove Invalsi nel settore della Scuola. Dopo Trieste e poi Parma ora è il turno del Tribunale di Terni. Una causa discussa il 22 ottobre 2012 con contestuale lettura negativa del dispositivo, dopo ben un anno arriva la sentenza n° 487/2012 che è stata depositata “solo” il 2 ottobre 2013.
La questione riguardava la vicenda della legittimità o meno delle prove Invalsi nel settore della scuola, con tutte le sue attività correlate, somministrazione, correzione e tabulazione, interruzione dell’attività didattica che nel ricorso venivano intese al massimo come attività aggiuntive e dunque non obbligatorie per il personale scolastico e la conseguente competenza deliberativa del collegio docenti, ma si sollevavano anche i noti problemi sulla privacy, sulla minata libertà d’insegnamento e così via discorrendo.

Il docente, in relazione ad una circolare che veniva intesa come ordine di servizio, dopo aver prodotto atto di diffida e contestuale manifesta volontà motivata di non accettare nella propria ora l’interruzione dell’attività didattica per favorire lo svolgimento delle prove Invalsi ed essere messo a disposizione, poiché nella sua ora subentrava altro docente individuato come somministratore, non essendo pervenuta la reiterazione dell’ordine di servizio, entrava in classe per svolgere il suo ordinario lavoro, come programmato e calendarizzato.
Veniva sanzionato con una censura.

Prima di entrare nel merito di alcuni passaggi importanti di questa sentenza, che è autonoma rispetto a quella di Parma e Trieste perché il Giudicante non richiama né l’una né l’altra, e forse anche peggiorativa per alcuni aspetti, voglio sottolineare che dal punto di vista lavoristico, perché la vertenza riguardava l’aspetto lavoristico della questione, si tende a consolidare quell’orientamento che vuole la statalizzazione del rapporto lavorativo del personale scolastico. Intendo per tale concetto il fatto che per Legge si introducono e si impongo attività che dovevano essere normate e disciplinate in via contrattuale, ma la questione ferie precari, la questione idonei ad altri compiti, per esempio, ed ora le prove Invalsi, confermano invece il continuo indebolimento della funzione del contratto nel settore della scuola ed il rinforzamento della competenza legislativa in materia che viene legittimata da buona parte della giurisprudenza. Non che il contratto sia l’assoluta perfezione, anzi, ma ciò è un dato principalmente politico e sindacale ed ora anche giuridico sui cui necessariamente riflettere, anche per quella certezza del diritto che viene sempre meno.

Veniamo ora al dunque della sentenza n° 487/2012 del Tribunale del Lavoro di Terni.

Il Giudice, con una sentenza di 24 pagine, di cui solo mezza pagina di formale motivazione, respingerà il ricorso così scrivendo dopo aver eccepito il difetto di legittimazione passiva della singola istituzione scolastica ma riconoscendo quella del Miur: nel merito la lucida, puntuale,convincente interpretazione che il Ministero ha fornito ed illustrato sulla normativa dell’Invalsi e sull’illegittimo comportamento tenuto del ricorrente, trova la piena adesione del Giudicante , per cui sarebbe una inutile ripetizione sovrapporre ulteriori considerazioni giuridiche del sottoscritto a quelle sviluppate dal Ministero Il ricorrente andrebbe condannato alle spese del procedimento, tuttavia la peculiarità della materia il dibattito che in sede nazionale hanno suscitato le prove invalsi e le contrastanti opinioni che si sono registrate ben possono costituire le gravi ed eccezionali ragioni che inducono a compensare le spese a favore del ricorrente.

Si evincono alcune particolarità giuridiche a dir poco rilevanti.
L’aver assorbito l’atto di memoria di parte resistente, quella del Miur, ed aver trasformato le ragioni dedotte dal MIUR come parte sostanziale ed effettiva delle motivazioni, lascia intendere che la motivazione della sentenza è quanto dedotto dal MIUR, cosa a dir poco singolare e rarissima, infatti, il Giudice scriverà che trova la piena adesione del Giudicante , per cui sarebbe una inutile ripetizione sovrapporre ulteriori considerazioni giuridiche del sottoscritto a quelle sviluppate dal Ministero.
Si deve sottolineare l’importanza del ragionamento effettuato sul tema della soccombenza.. Il non aver applicato il principio della soccombenza, pur avendo respinto il ricorso, è significativo poiché ha reputato, giustamente, la materia controversa, essendo emerse opinioni contrastanti; dunque da ciò si desume che se una materia è altamente conflittuale ed oggetto di dibattito politico sindacale ciò legittima in caso di rigetto di ricorso la compensazione delle spese. Altro aspetto preliminare da evidenziare è il non aver riconosciuto la legittimazione passiva della singola Istituzione scolastica condividendo l’orientamento che vuole che nelle controversie relative ai rapporti di lavoro, la sussistenza della legittimazione passiva dell’Amministrazione centrale, mentre difetta quella del singolo istituto (Cass. 10 maggio 2005, n. 9752; 28 luglio 2008, n. 2052; 21-03-2011, n. 6372 ).

Cosa dice il MIUR, nelle parti che reputo più salienti, in tema di prove Invalsi nella sua memoria difensiva che è stata recepita nella sentenza in via sostanziale come effettiva motivazione?

Che le prove quindi hanno una “vocazione” esterna alla singola istituzione scolastica, servono (devono servire, non possono servire che) ad operare riflessioni in termini sistemici (al fine di una successiva ed eventuale ricaduta su norme o azioni di carattere generale: ad es. programmi, indicazioni didattiche e metodologiche, benchmarking, ecc.): si veda l’art. 3 comma 3 D.lgs. 286/2004: “Gli esiti delle attività svolte ai sensi del comma 1 sono oggetto di apposite relazioni al Ministro, che ne dà comunicazione alla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Le relazioni riferiscono sui risultati e possono segnalare indicatori ritenuti utili al miglioramento della qualità complessiva del Sistema” (…);

Che Nessuna disposizione normativa attribuisce invece all’INVALSI un potere di intervento sulle istituzioni scolastiche o sui docenti i cui allievi abbiano ottenuto risultati più scadenti;

Che le rilevazioni Invalsi sono attività ordinaria ed istituzionale delle istituzioni scolastiche onde le attività ad esse collegate rientrano nei doveri d’ufficio; gli organi della istituzione scolastica non hanno competenza né sull’an né sull’quomodo delle prove e il singolo docente- non destinatario di alcuna ricaduta sul proprio status giuridico ed economico nel caso di valutazioni negative degli allievi- non può impedire lo svolgimento delle prove Invalsi.

Dunque se da un lato emerge, in via di interpretazione giudiziaria, l’orientamento che vuole la somministrazione, correzione e tabulazione come attività doverosa del personale scolastico interessato e nessuna competenza deliberativa sul se sul come da parte del collegio docenti, dall’altro, ed è questo l’elemento importante di tale pronuncia, che il singolo docente- non destinatario di alcuna ricaduta sul proprio status giuridico ed economico nel caso di valutazioni negative degli allievi- non può impedire lo svolgimento delle prove Invalsi.
In via inversa, seguendo il ragionamento posto in essere dalla Corte Costituzionale nel caso dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori ove in sostanza eccependo l’illegittimità costituzionale della mancata previsione di una disposizione ha “scritto” de facto una nuova disposizione giuridica, questo passaggio lo si interpreta, per forza di cose, che in caso di ricaduta sullo status giuridico ed economico del docente, in relazione all’esito negativo delle prove Invalsi, il docente è legittimato ad intervenire per impedire lo svolgimento delle citate prove.
Detto in breve l’Invalsi non può valutare né direttamente né indirettamente i docenti, ciò lo dice il MIUR e la sentenza del Tribunale di Terni.
Ed allora delle riflessioni sono dovute.
Per esempio le prove Invalsi non possono avere ricadute sulla posizione economica dei docenti, non possono essere utilizzate come parametro per definire la “produttività” ed il “merito” e l’aumento degli scatti stipendiali e neanche incentivi economici, in caso contrario il docente sarebbe legittimato ad impedire le dette prove.
Ma queste prove non possono neanche condizionare la posizione lavorativa del docente.
Per esempio l’ articolo 55 quater del dlgs 165/2001, anche se non attualmente applicato nella scuola, quando norma che il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento, certamente neanche in futuro potrà trovare applicazione con correlazione all’esito negativo delle prove Invalsi.

Ma una riflessione deve essere maturata anche sul Decreto Scuola, in fase di conversione, lì’ ove all’articolo 16 prevede che Al fine di migliorare il rendimento della didattica, particolarmente nelle zone in cui i risultati dei test di valutazione sono meno soddisfacenti ed e’ maggiore il rischio socio-educativo, e potenziare le capacita’ organizzative del personale scolastico, per l’anno 2014 e’ autorizzata la spesa di euro 10 milioni, oltre alle risorse previste nell’ambito di finanziamenti di programmi europei e internazionali, per attività’ di formazione obbligatoria del personale scolastico con particolare riferimento: a) al rafforzamento delle conoscenze e delle competenze di ciascun alunno, necessario per aumentare l’attesa di successo formativo, in particolare nelle regioni ove i risultati delle valutazioni sugli apprendimenti effettuate dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (Invalsi), anche in relazione alle rilevazioni OCSE-Pisa, risultano inferiori alla media nazionale.

E’ questa una ricaduta sullo status del dipendente od un intervento sul dipendente che è costretto, in caso di esiti negativi di prove Invalsi, a frequentare obbligatoriamente dei corsi di formazione?

Il collegio docenti, oltre ad essere competente a discutere di Invalsi, se ci si attiene ai detti pronunciamenti (ma non a deliberare pro e contro, né sul se e sul come) in realtà, stante quanto dedotto in precedenza, potrebbe essere legittimato a deliberare in materia di prove Invalsi, manifestando contrarietà, nel caso di ricaduta, in relazione all’esito delle prove, sul personale docente?

Dal quadro delineato emerge comunque la conferma di ciò che denuncio da anni che l’Invalsi ha e non può che avere ed avrà una forte ricaduta sulla libertà d’insegnamento e sulla programmazione dell’attività didattica che rischia di rispondere a certe e date volontà politiche od a chi finanzierà il sistema Invalsi, e tale questione non può che essere affrontata in sede di discussione sociale e politica e sindacale e non, a parer mio, giudiziaria.

MarcoBarone

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